Nuovo codice della strada: tutte le novità

Il disegno di legge per le modifiche al codice della strada e sulla sicurezza stradale è stato approvato nel consiglio dei ministri del 18 settembre. Il testo ora passerà in Parlamento, indicativamente a ottobre, dove verrà discusso da Camera e Senato.

Vediamo tutti i cambiamenti del nuovo codice della strada.

LIMITI DI VELOCITÀ

Più severe le sanzioni per chiunque superi i limiti di velocità: oltre alla multa il nuovo codice della strada prevede la sospensione della patente:

  • 7 giorni se si hanno tra i 10 e i 19 punti
  • 15 giorni se si hanno tra 1 e 9 punti. 

Anche guida contromano, senza cintura, mancato rispetto della precedenza e assenza di seggiolini o dispositivi anti abbandono comporteranno la sospensione della patente unita alla decurtazione dei punti.  

AUTOVELOX

Gli autovelox “selvaggi” saranno aboliti. Con il nuovo codice della strada cambieranno le regole: uniformità per approvazione e omologazione dei dispositivi, così da ridurre discrepanze su vari tipi di strade.

TELEFONO ALLA GUIDA

Forse uno degli aggiornamenti al codice della strada più atteso: l’uso dello smartphone mentre si è alla guida. Le novità prevedono multe più salate e sospensione della patente secondo questo schema:

  • Uso del cellulare alla guida:
    • da 422 a 1.697 euro + sospensione patente da 15 giorni a 2 mesi (oggi si va da 165 a 660 euro) per la prima infrazione
    • da 644 a 2.588 euro + sospensione patente da 1 a 3 mesi + decurtazione 10 punti

Nel caso in cui si causi un incidente i giorni di sospensione verranno raddoppiati.

ALCOOL E DROGHE

Nel nuovo codice della strada si prevede un rafforzamento delle misure di contrasto alla guida sotto l’effetto di alcol e droghe, introducendo il divieto assoluto di assumere alcolici (per due o tre anni a seconda del reato) per i conducenti già condannati per reati specifici. È introdotto inoltre l’obbligo di installazione del sistema alcolock, collegato al motore, che ne impedisce l’avvio se il tasso alcolemico è superiore allo zero.

Per quest’ultimo punto l’Italia non fa altro che seguire quanto già imposto dall’Unione Europea che – dal luglio 2022 – obbliga tutte le auto di nuova omologazione a predisporne l’installazione. 

Inoltre chiunque verrà sorpreso a guidare dopo l’assunzione di droghe, al di là dello stato di alterazione psico-fisica, si vedrà ritirare la patente e non potrà conseguirla nuovamente prima di tre anni. 

MONOPATTINI E BICICLETTE

Per i monopattini elettrici verrà introdotto l’obbligo di indossare il casco e dotarsi di targa e assicurazione. Per i veicoli appartenenti alle flotte di sharing è previsto un sistema di geofencing che ne inibirà il funzionamento al di fuori delle aree consentite.

Praticamente un’evoluzione di quanto succede già ora: i monopattini elettrici in condivisione infatti montano un geolocalizzatore che ne limita la velocità a 6 km/h nelle zone pedonali.

Non si potranno utilizzare sui marciapiede, a meno che non vengano condotti a mano e nemmeno parcheggiare, a meno che non siano presenti apposite aree di sosta. Di seguito le multe per i trasgressori:

  • Monopattini elettrici, le multe
    • Da 100 e 400 euro per circolazione senza targa o assicurazione e per mancata comunicazione della variazione di residenza o di sede del proprietario 
    • Da 200 a 800 euro per circolazione su monopattino senza indicatori luminosi di svolta e freni su entrambe le ruote

Anche biciclette e ciclisti vengono considerati: nuova disciplina per il sorpasso, lasciando almeno 1,5 metri di distanza quando si effettua la manovra e ampliamento del novero delle strade adatte alla realizzazione di piste ciclabili. 

SOSTA VIETATA

La stretta del nuovo codice della strada prevede un inasprimento delle sanzioni per sosta selvaggia (di auto, monopattini e non solo). In particolare:

  • Sosta in stalli per disabili:
    • tra 165 e 660 per ciclomotori e veicoli a due ruote
    • tra 330 e 990 per gli altri veicoli
  • Sosta in corsie riservate ai mezzi pubblici
    • tra 87 e 328 euro per ciclomotori e veicoli a due ruote
    • tra 165 e 660 euro per tutti gli altri veicoli

PATENTE E NEOPATENTATI

Neopatentati: a livello di auto che si possono o non si possono guidare il nuovo codice della strada non prevede novità: rimarrà quindi il vincolo del rapporto fra potenza e tara del veicolo non superiore ai 55 kW/t e mai sopra i 70 kW (95 CV), mentre per auto elettriche e plug-in il limite sale a 65 kW/t.

A cambiare è la definizione di neopatentato: non più chi ha la patente da meno di un anno ma chi l’ha conseguita da meno di 3 anni.  

Un altro aggiornamento prevede l’impossibilità di ottenere la patente prima dei 24 anni per tutti i minori di 21 anni sorpresi alla guida senza patente e sotto effetto di sostanze psicotrope. 

I più giovani potranno invece guadagnare due punti nel caso in cui frequentino corsi extracurricolari, organizzati da scuole secondarie, sulla sicurezza stradale. 

“SAFETY CAR” IN CASO DI INCIDENTI

In caso di incidenti gravi in autostrada o di presenza di cantieri è previsto l’ingresso di un veicolo delle Forze dell’ordine – denominato safety car, come in Formula 1 – con il compito di rallentare la circolazione ed evitare sinistri. 

Dopo il via libera da parte del consiglio dei ministri ora il testo del nuovo codice della strada è atteso all’esame del parlamento. Stando a quanto dichiarato dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti il passaggio in Camera e Senato è previsto in autunno.

Incidenti auto, risarcimento anche se le riparazioni superano il valore residuo

Secondo la Corte di Cassazione gli automobilisti hanno diritto a un risarcimento completo per gli incidenti stradali, indipendentemente dal valore commerciale del veicolo.

La Corte di Cassazione ha recentemente emesso una sentenza che estende ulteriormente i diritti degli automobilisti coinvolti in incidenti stradali. In particolare, ha stabilito che un’auto può essere riparata anche se i costi superano il valore commerciale del veicolo, eliminando la precedente pratica delle compagnie assicurative di richiedere la rottamazione dell’auto in determinate circostanze.

Fino ad ora, se il costo della riparazione di un’auto incidentata a causa di un altro utente della strada superava il valore residuo del veicolo, le compagnie assicurative non offrivano un risarcimento adeguato, ma si limitavano a pareggiare il valore commerciale dell’auto. Ciò costringeva gli automobilisti a scegliere tra due opzioni: pagare di tasca propria la differenza tra il valore commerciale della vettura e l’effettivo costo di riparazione se si volevano tenere la propria auto sinistrata oppure rottamarla.

La recente sentenza della terza sezione civile della Corte di Cassazione ha rivoluzionato questo sistema. Ora gli automobilisti hanno il diritto di ricevere un risarcimento completo e adeguato in caso di incidente, anche se le spese di riparazione superano il valore commerciale del veicolo. Questa sentenza rappresenta una vittoria per i diritti degli automobilisti, che possono ora scegliere se riparare o sostituire la propria autovettura senza subire la pressione delle compagnie di assicurazione.

Inoltre, la Corte ha riconosciuto che i danneggiati possono avere validi motivi per preferire la riparazione alla sostituzione del veicolo danneggiato, come il fatto di essere più a proprio agio a guidare un veicolo a cui sono abituati o la difficoltà di trovare un veicolo simile sul mercato. In sintesi, una bella novità ora per gli automobilisti che hanno la possibilità di ottenere un risarcimento adeguato anche in questi casi, senza dover pagare di tasca propria per le riparazioni troppo elevate.

 

Auto Elettriche: una su due ha batterie di produzione cinese

L’azienda cinese CATL (Contemporary Amperex Technology) continua a dominare il mercato delle batterie delle auto elettriche. Secondo l’ultima fotografia scattata da SNE Research, nel periodo gennaio-luglio 2023, la società ha consegnato 132,9 GWh di batterie. Si tratta di un aumento del 54,3% rispetto allo stesso periodo del 2022 quando erano stati consegnati 86,1 GWh di batterie.

Nei primi 7 mesi dell’anno, il colosso cinese delle batterie è saldamento al primo posto con una quota del 36,6%. A contribuire a questo risultato, la crescita costante dell’azienda che si sta espandendo anche in Europa e in Nord America. Le sue batterie, inoltre, sono anche utilizzate sulle Tesla Model 3/Model Y e su diversi modelli delle principali case automobilistiche cinesi.

Continua a crescere anche BYD che nella classifica di gennaio-luglio 2023 ha chiuso al secondo posto anche se con numeri lontani da quelli di CATL. L’azienda cinese, comunque, ha registrato una forte crescita nel periodo gennaio-luglio 2023 con 58,1 GWh di batterie consegnate, contro i 29,9 GWh del 2022. Si tratta di una crescita del 94,1%. La quota di mercato di BYD nel periodo preso in esame è stata del 16%.

Terzo gradino del podio per LG Energy Solution con 51,4 GWh (+53,2%) e market share del 14,2%. Panasonic, l’unica azienda giapponese nella top 10, ha registrato 26,6 GWh, pari ad una crescita del 38,2% su base annua. Ricordiamo che Panasonic è uno dei fornitori principali di Tesla. Ecco la classifica del periodo gennaio-luglio 2023:

  • CATL: 132,9 GWh (36,6% di market share)
  • BYD: 58,1 GWh (16% di market share)
  • LG Energy Solution: 51,4 GWh (14,2% di market share)
  • Panasonic: 26,6 GWh (7,3% di market share)
  • SK On: 19 GWh (5,2% di market share)
  • CALB: 16,4 GWh (4,5% di market share)
  • Samsung SDI: 15 GWh (4,1% di market share)
  • EVE: 8 GWh (2,2 % di market share)
  • Guoxuan: 7,8 GWh (2,1% di market share)
  • Sunwoda: 5,4 GWh (1,5% di market share)
  • Altri: 22,4 GWh (6,2% di market share)

Complessivamente, in questo periodo, c’è stata una richiesta di batterie pari a 362,9 GWh, in aumento del 49,2% rispetto ai 243,2 GWh dello stesso periodo dello scorso anno.

Questa classifica mette ancora una volta in evidenza il dominio cinese nel settore delle batterie. Come sappiamo, l’Europa sta lavorando per ridurre la dipendenza dai fornitori cinesi ma appare evidente che il lavoro da fare per recuperare il terreno perso è ancora davvero tantissimo.

Autovelox, il cartello va segnalato un km prima, altrimenti la multa può essere annullata

la multa può essere annullata

La Cassazione, in una sentenza pubblicata il 31 agosto, ha sentenziato su una causa tra l’Unione dei Comuni e un automobilista che aveva ricevuto una contravvenzione per eccesso di velocità. Secondo la Suprema Corte, il cartello del limite di velocità deve essere ben visibile a una distanza adeguata, in caso contrario è possibile fare ricorso contro la sanzione

LA SENTENZA – La Cassazione, in una sentenza pubblicata il 31 agosto, ha messo la parola fine in una causa tra l’Unione dei Comuni e un automobilista che aveva ricevuto una contravvenzione da 550 euro per eccesso di velocità più la contestuale perdita di punti nella patente

LA DISTANZA – Tra l’ultimo cartello con i limite di velocità e l’apparecchio, secondo la Cassazione, ci deve essere una distanza di almeno un chilometro. In caso contrario la multa può essere annullata

COSA CHIEDEVA L’UNIONE DEI COMUNI – L’Unione dei Comuni era invece dell’avviso che la distanza minima di un chilometro si renda necessaria soltanto nel caso in cui quello fosse il primo avvertimento stradale della presenza dell’autovelox. Ma la Suprema Corte non ha accolto questa tesi e ha dato ragione all’automobilista

I DUE REQUISITI – Nella sentenza, viene specificato che “distanza e visibilità” sono i “due requisiti” che “devono essere soddisfatti entrambi in modo autonomo e distinto affinché la rilevazione dell’infrazione sia legittima”. Quindi la multa di  un autovelox segnalato male e soprattutto a una distanza non congrua dal cartello del limite di velocità può essere annullata.

COSA DICE LA SENTENZA – Secondo la Corte di Cassazione, l’autovelox dev’essere segnalato con diverse formule chiare. I cartelli devono essere leggibili, non devono presentare graffiti o alterazioni, le dimensioni devono consentirne la lettura

IL CARTELLO DI FINE CONTROLLO – Terminato il tratto monitorato dal tutor è necessario che ci sia un ulteriore segnale che indichi la fine del controllo. Inoltre il cartello dev’essere ripetuto dopo ogni intersezione e l’apparecchio non può essere posizionato a meno di un chilometro dal cartello che indica il limite di velocità

AUTOVELOX VISIBILI – Lo scorso anno la Corte di Cassazione aveva già stabilito che gli autovelox dovessero essere visibili. In quel caso era stato decretato che la multa è nulla se l’autovelox è nascosto, per esempio, nell’auto delle Forze dell’Ordine

I CASI NULLI – Nella sentenza 4007/2022 sono considerati nulli anche i rilevatori nelle vetture non istituzionali ferme nelle piazzole di sosta o nascoste nella vegetazione, oppure senza il lampeggiante blu sul tetto acceso

I RICORSI – Questa sentenza potrebbe sbloccare diversi ricorsi e aprire la strada ad altri, anche dato l’altro verdetto degli ermellini che stabiliva il principio della visibilità come presupposto di validità degli autovelox, sia fissi che mobili

Mercato auto: ad agosto la crescita è a doppia cifra con un +12%

Il mercato dell’auto in Italia nel mese estivo ha registrato 79.756 nuove immatricolazioni con un incremento a doppia cifra (+12%) rispetto ad agosto 2022, quando il mercato mostrò il primo segnale di ripresa con una crescita del 9,9% dopo una lunga serie di mesi in negativo. Il risultato attuale è comunque ancora sotto del 10,6% rispetto al dato di agosto 2019. Divario evidente anche nel consuntivo dei primi otto mesi, giunto ora a 1.040.560 immatricolazioni pari a +20,3% rispetto alle 865.084 di gennaio-agosto 2022, ma con 285.000 auto in meno (-21,5%) rispetto al 2019.

 

Leggero segnale positivo ad agosto dall’elettrico: la quota di auto BEV è salita nel mese al 5,0% superando le ibride plug-in (PHEV) che stazionano al 4,1%, e la quota complessiva di ECV sale al 9,1%.

 

Ma la situazione per i veicoli elettrici rimane critica, sia per il dato complessivo dei primi otto mesi (BEV a quota 3,9%, PHEV a 4,6%) che ci colloca in coda fra i cinque major markets europei, sia per le prospettive negative che provengono dai dati sugli incentivi: il tiraggio da gennaio a oggi è in calo rispetto al 2022 rispettivamente del 25% e 37% su BEV e PHEV per le persone fisiche, e del 54% e 72% per le persone giuridiche.

 

La proiezione di questi dati a fine anno mostra un residuo complessivo di circa 316 milioni, pari al 55% dei fondi disponibili, che si sommerebbero ai 272 milioni avanzati dai fondi 2022, per un totale non speso di circa 588 milioni.

L’analisi della struttura del mercato del mese, sotto il profilo degli utilizzatori, mostra un recupero per i privati migliore del mercato totale ed una quota che sale di due punti al 59,2% (54,3% negli 8 mesi, -4,9 p.p.). In crescita anche le autoimmatricolazioni, che recuperano oltre 4 punti al 13,2% del totale, 9,4% nel cumulato. Leggera flessione dei volumi per il noleggio a lungo termine che scende al 20,8% di quota nel mese (-3,6 p.p., al 25,2% nel cumulato), a causa del calo delle Captive, a fronte di un buon andamento delle Aziende Top di noleggio a lungo. Si conferma ad agosto il forte calo del noleggio a breve termine che copre appena lo 0,7% di quota in agosto (-3,2 p.p.) e il 5,3% in gennaio-agosto. Ottima crescita delle auto immatricolate dalle società che salgono al 6,1% di quota nel mese (+0,7 p.p.), stabili al 5,8% negli 8 mesi.

 

Tra le alimentazioni, il motore a benzina guadagna 1/4 dei volumi e sale di 3 punti al 29,7% del totale nel mese (28,1% nel cumulato). In crescita più contenuta il diesel che si ferma al 17% di quota (-1,1 p.p.) e al 19,1% in gennaio-agosto. Ottima crescita per il Gpl che sale al 9,8% in agosto (+1,1 p.p., al 9% nel cumulato), mentre il metano si ferma allo 0,1% sia nel mese sia nel cumulato. Le ibride cedono leggermente in volume e calano di 4,8 punti al 34,2% in agosto, con un 9,0% per le “full” hybrid e 25,2% per le “mild” hybrid, e al 35,2% negli 8 mesi. Cresce la quota delle BEV al 5,0% in agosto (3,9% nel cumulato), le PHEV si fermano al 4,1% (4,6% negli 8 mesi).

 

L’analisi della nuova segmentazione mostra in agosto un forte calo delle berline del segmento A, al 10,7% di quota e una elevata accelerazione dei SUV dello stesso segmento (al 2,1%). In buona crescita sia le berline sia i SUV del segmento B (rispettivamente al 20,7% e 26,7% di share). Nel segmento delle medie (C) calano le berline, che si fermano al 4,8% di quota, mentre crescono i SUV che raggiungono il 18,8% del totale mercato. In accelerazione sia le berline sia i SUV del segmento D, rispettivamente al 2% e al 7,4% del mercato, così come nell’alto di gamma: berline allo 0,1% e Suv all’1,3%. Infine le station wagon rappresentano il 3,1% del totale, gli MPV l’1,4% e le sportive l’1,0%.

Dal punto di vista delle aree geografiche, la prima posizione è coperta a pari merito dal Nord Est e dal Nord Ovest, entrambe al 28,6% di quota (rispettivamente 31,8% e 29,7% nel cumulato), nel caso dell’area nord orientale – come di consueto – grazie alla spinta del noleggio. Il Centro Italia copre 1/4 delle immatricolazioni (+2,4 p.p.), l’area meridionale sale all’11,8% (+1,1 p.p.), quella insulare al 5,8%.

Le emissioni medie di CO2 delle nuove immatricolazioni in agosto calano dell’1,1% a 118,9 g/Km; 120,1 g/Km in gennaio-agosto (+1,3%).

L’analisi delle immatricolazioni di luglio per fascia di CO2 riflette l’andamento nel mese di auto BEV e PHEV: la fascia 0-20 g/Km sale a rappresentare il 5,5% del mercato, il 3,6% la fascia 21-60 g/Km (rispettivamente 4,2% e 4,1% nel cumulato). La fascia 61-135 g/Km rappresenta il 63,1% (63,7% nel cumulato), mentre la quota delle vetture da 136 a 190 g/Km si assesta al 23,9% e quella della fascia oltre i 190 g/Km al 2,0% (rispettivamente 24,3% e 1,9% nei primi 8 mesi).

 

Auto, Cina sul podio degli esportatori. A trainare è il boom dei modelli elettrici

Il Dragone è leader mondiale nella produzione fin dal 2009. Ora conquista il primato nell’export, ma in Europa la quota non supera l’1,5% Frenano l’avanzata prezzi ancora alti, reputazione dei brand e geopolitica.

Il 2023, secondo AlixPartners, sarà l’anno del sorpasso per i brand del Dragone in Cina: conquisteranno oltre il 50% complessivo del mercato domestico proprio grazie al boom dei Nev (New energy vehicles, a batteria e ibridi plug-in). Accade dopo decenni di dominio di big come Volkswagen e Toyota in joint venture con partner locali.

I prezzi competitivi, il lancio in tempi più serrati di nuovi modelli ad alto contenuto tech molto apprezzati dal pubblico cinese e l’ascesa di campioni nazionali come Byd, Geely (con la rampante Zeekr), Gac, Chery, Li Auto, Nio e XPeng (che ha appena avviato una collaborazione con Volkswagen per produrre due nuovi modelli in Cina) hanno cambiato il panorama in una manciata di anni. Il governo di Pechino ha fatto la sua parte con sussidi per 57 miliardi di dollari tra il 2016 e il 2022, contro i 12 degli Stati Uniti.

BALZO PRODIGIOSO NELLE ESPORTAZIONI

Dal primo trimestre 2023, con un prodigioso +80%, la Cina ha superato il Giappone come maggiore esportatore di automobili al mondo. A fine anno si stimano 4,4 milioni di vetture spedite all’estero dal Dragone (di cui 1,3 elettriche, raddoppiate), secondo la società di ricerche Canalys. Esito prevedibile visto che dal 2009 i cinesi hanno strappato proprio al Giappone anche la leadership della produzione, raddoppiata nel 2022 da 10,3 a 23,8 milioni di automobili (dati Oica, l’organizzazione internazionale dei produttori).

AlixPartners prevede che le vendite complessive in Cina cresceranno del 3% quest’anno raggiungendo 24,9 milioni di veicoli (Ubs stima 8,8 milioni di auto “alla spina”, +35%), come nel 2019, prima del Covid. Già nel 2027 più della metà dei veicoli immatricolati in Cina saranno elettrici.

Le vendite annuali di automobili con marchio cinese nei mercati esteri, sempre secondo AlixPartners, cresceranno fino a 9 milioni di veicoli entro il 2030. Ciò darebbe ai brand cinesi il 30% della quota globale e una quota di mercato del 15% in Europa. Transport & Environment, Ong ambientalista che ha spinto per il discusso stop europeo ai motori a combustione interna nel 2035, stima che i costruttori cinesi potrebbero assicurarsi dal 9% al 18% del mercato delle auto elettriche già entro il 2025.

LA REALTÀ ATTUALE E CINQUE POSSIBILI OSTACOLI

Per adesso i numeri dicono che i 26 marchi cinesi attivi in Europa, secondo l’analisi di Jato Dynamics, si sono fermati nel primo semestre ad appena lo 0,66% del mercato. Quota che secondo dati Acea (l’associazione dei costruttori europei) salirebbe all’1,5%. Di sicuro quindi c’è il potenziale, ma non c’è ancora l’evidenza dei risultati. E non vanno sottovalutati i possibili ostacoli all’avanzata cinese in Europa.

Primo: le ambizioni del blocco degli Emergenti, i Brics, ora allargato a 11 Paesi e un terzo del Pil globale, non depongono a favore di un miglioramento delle relazioni a livello geopolitico tra Pechino e Occidente.

Secondo: il mercato cinese si trova ad affrontare un enorme eccesso di capacità produttiva. Il numero uno di AlixPartners in Cina, Stephen Dyer, mette in conto un significativo consolidamento. Solo da 25 a 30 delle oltre 100 realtà coinvolte nell’assemblaggio potranno sopravvivere entro il 2030. Ben due terzi di questi marchi non hanno registrato vendite lo scorso anno. Che un problema di eccesso esista lo testimonia in parte anche un fenomeno non nuovo, quello dei cimiteri di auto elettriche. Vetture diventate rapidamente obsolete per l’innovazione sostenuta dagli incentivi statali. Una velocità che ha travolto il settore del car sharing.

Terzo: calo della domanda come effetto del raffreddamento dell’economia cinese, in deflazione, e guerra dei prezzi (che abbatte la redditività) per fare fronte alla concorrenza, sono altri possibili venti contrari. La Cina secondo gli economisti di Pimco mantiene un settore manifatturiero efficiente. «Tuttavia, con la domanda interna cinese che vacilla e la domanda globale di prodotti cinesi che diminuisce, la Cina si ritrova con una capacità inutilizzata mentre i produttori si affannano a smaltire le scorte».

Quarto: gli oneri dell’export, complice la moneta debole, potrebbero incidere sui costi; la logistica (con porti saturi e tempi di consegna lunghi); i dazi (al 10% quelli europei) e il rispetto dei requisiti di sicurezza europei (ma le 5 stelle dell’Euro Ncap ormai non sono più un problema). Ecco perché il suv elettrico Byd Atto 3, che in Cina costa 20mila euro, in Europa ne costa 38mila. Le berline più prestanti non si trovano a meno di 50mila. Il prezzo medio di una elettrica calcolato da Jato Dynamics nel 2022 era 32mila dollari in Cina e 56mila in Europa. Paradossalmente non tutte le cinesi, con il quadro macro europeo, potrebbero rivelarsi alla portata delle famiglie.

Quinto: la percezione dei consumatori. Solo il 14% dei 1.629 tedeschi intervistati da YouGov nel 2022 conosceva il colosso Byd. Il 17% aveva sentito parlare del marchio premium Nio, mentre il 10% conosceva Lynk&Co e l’8% XPeng. Secondo lo stesso sondaggio, del 95% dei consumatori che conoscono Tesla, il 10% la prenderebbe in considerazione per l’acquisto. Tra coloro che già conoscono i marchi cinesi invece solo l’1% o meno pensa all’acquisto.

UN’OFFENSIVA APPENA INIZIATA

Ma l’offensiva vera è appena iniziata. I coreani di Hyundai-Kia ci hanno messo vent’anni per sfondare, quanto ci vorrà per l’esercito su quattro ruote del Dragone? Dalla parte dei cinesi, di sicuro, ci sono i dazi tutto sommato favorevoli. Per gli europei in Cina sono compresi tra il 15 e il 25%. Contro il curioso indecisionismo della Ue ha tuonato il presidente dell’Acea, Luca de Meo, capo di Renault. Il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ha messo in luce un vantaggio competitivo sui prezzi del 25% a favore del made in China. Entrambi hanno annunciato tagli consistenti dei costi (fino al 40%) per competere. Ricordando che gli occupati europei nell’automotive sono 13 milioni. E che questa industria pesa per il 7% del Pil continentale.

Negli Usa va diversamente: i dazi sono al 27,5% e in più, se non si produce con materie prime nordamericane, non si ha diritto ai sussidi. Un bel problema per chi preferisce giocare in casa su tutta la filiera.

L’auto elettrica? non convince, ma pochi l’hanno provata

L’Osservatorio Findomestic, in collaborazione con l’istituto Eumetra, ha condotto una nuova rilevazione statistica sulla percezione dell’auto elettrica tra gli italiani. Ecco i risultati: per quanto il 68% degli intervistati si ritenga sufficientemente informato sulle peculiarità dei veicoli alla spina, solo il 37% ha provato almeno una volta una Bev. Inoltre, tra chi ha dichiarato di essere salito o di aver viaggiato almeno una volta su un’auto elettrica, solamente il 5% ritiene che un motore alimentato da una batteria sia meno performante rispetto a uno termico, mentre il 23% sostiene che sia più efficiente.

Alimentazioni a confronto.

L’indagine di Findomestic confronta anche le percezioni degli intervistati sulle diverse motorizzazioni. Il rifornimento ritenuto più comodo è quello dell’auto termica (58%), seguita dall’ibrida (27%) e dall’elettrica (13%). Per quanto riguarda invece la convenienza del rifornimento, risultano appaiate l’elettrica e l’ibrida (28%), davanti alla termica (17%). L’automobile termica e quella elettrica sono percepite come le vetture meno costose da mantenere (entrambe al 27%) e precedono l’auto ibrida con il 16%. Per il campione intervistato è ibrida la macchina che fa più risparmiare nei consumi (40%): al secondo posto troviamo l’auto elettrica (35%), quindi l’auto termica con il 14%. Quest’ultima è ritenuta la macchina che garantisce i costi complessivi più vantaggiosi a lungo termine (36%), superando l’auto ibrida (22%) e l’elettrica (12%). 

Usi ed esigenze.

Gli interpellati ritengono l’elettrica più adatta all’utilizzo in città (58%) e la meno adatta fuori città (7%). Risultati capovolti, invece, per l’auto termica, itenuta molto più appropriata fuori dai centri urbani (63%) e ben poco al loro interno (11%). L’auto ibrida raggiunge il 35% del consenso sia fuori, sia dentro le città. Ed è proprio questa percezione di generale adeguatezza a tutti i contesti che spinge l’auto ibrida al primo posto nella classifica delle vetture ritenute più idonee alle esigenze future degli intervistati (47%), sancendo l’ampio distacco dell’auto termica (26%) e dall’elettrica (20%). In ogni caso, tra la platea degli intervistati solo l’1% ha dichiarato di possedere un’auto a batteria. Per Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic, “a frenare le vendite elettriche sono in massima parte problemi percepiti nell’ambito della ricarica: scarsa disponibilità di punti di ricarica veloci in zone urbane come pure in autostrade o superstrade, costo della corrente elettrica e modalità di ricarica troppo complicate. Inoltre, per il 52% del campione intervistato prezzi di acquisto troppo elevati e una percezione di autonomia della batteria troppo limitata (51%)”.

Targhe auto storiche: sbloccato il decreto

Buone notizie per tutti coloro che possiedono un veicolo storico. All’interno della Legge di Bilancio del 2021 era stata inserita una modifica al Codice della Strada che permetteva il “recupero” delle targhe originali per tali veicoli, sia in caso di reimmatricolazione, sia per quelli già reimmatricolati o ritargati negli anni passati. Purtroppo, il decreto attuativo che doveva stabilire costi, criteri e modalità di rilascio, tardava ad arrivare.

Adesso, c’è un’importante novità: il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha finalmente emanato il decreto attuativo per la legge 178 del 30 dicembre 2020.

COSA PREVEDE IL NUOVO DECRETO

Dunque, la nuova legge prevede la facoltà di ottenere le targhe di circolazione della prima iscrizione al Pubblico Registro Automobilistico, ovvero di ottenere una targa del periodo storico di costruzione o di circolazione per i veicoli di interesse storico e collezionistico“.

Cosa dovranno fare i proprietari di un’auto storica per ottenere una targa del periodo storico di costruzione o di circolazione del veicolo, conforme a quella originale? Il decreto attuativo risponde a questo quesito, indicando la procedura da seguire e i costi da sostenere.

La procedura prevede che i proprietari debbano presentare una specifica richiesta presso uno STA (Sportello Telematico dell’Automobilista) o un Ufficio della Motorizzazione Civile.

Le istanze possono essere avanzate per i veicoli radiati d’ufficio o per esportazione, per quelli reimmatricolati e per quelli di origine sconosciuta, in ogni caso dotati di Certificato di Rilevanza Storica. Il rilascio della targa storica è soggetto al pagamento di 549,00 euro per gli autoveicoli e 274,50 euro per i motocicli e le macchine agricole.

si è quindi finalmente concluso un iter normativo che durava oramai da circa 3 anni.

Auto, in Italia prezzi sempre più elevati e produzione in discesa costante

Lo scorso anno il mercato italiano ha pagato all’industria automobilistica 38 miliardi di euro, al netto di sconti e incentivi, che sono stati versati dal contribuente, per ricevere in cambio 1,3 milioni di auto.

La stessa cifra del 2008, quando però riuscì a immatricolare quasi 2,2 milioni di auto, ai tempi ancora un prodotto di massa. È quanto emerge dall’analisi Mercato in Valore, prodotta dal Centro Studi Fleet&Mobility per Mapfre.

Approfondendo l’analisi sul prezzo medio si passa dai 18mila euro del 2013 ai 21mila del 2019, incremento annuo del 2,5%, per poi schizzare nei 3 anni successivi a oltre 28mila, pari a un incremento annuo del 10%.

Se gli aumenti pre-Covid erano spiegabili soprattutto con l’affermazione dei suv, quelli recenti hanno più di una motivazione. La principale è senza dubbio lo shortage di produzione, che ha messo i costruttori nella gradevole situazione di poter alzare i listini e tagliare gli sconti, mentre chiedevano e ottenevano comunque 1,3 miliardi di incentivi tra 2021 e 2022 per calmierare i prezzi.

Inoltre, potendo scegliere quali macchine produrre, si sono concentrati su quelle di valore medio-alto dove i margini sono migliori. Infine, non fornire le auto al rent-a-car, i cui sconti sono molto alti, pure ha aiutato. In buona sostanza l’industria sta vendendo meno ma guadagna di più. D’altronde gli investimenti sull’elettrificazione sono ingentissimi e dal ritorno piuttosto dubbio. Questa situazione, tuttavia, porta a creare un vuoto di offerta per chi desidera un prodotto più economico, com’era abituato fino a pochi anni fa, e che oggi ha due alternative.

La prima alternativa è quella di andare nel mercato dell’usato: nel 2010 il 77% delle macchine acquistate usate avevano meno di dieci anni, nel 2022 siamo scesi al 45%.

La seconda alternativa, è di rivolgersi ai costruttori cinesi per le auto nuove. Se le auto economiche le importiamo naturalmente a fabbricarle non saremo noi ma gli asiatici. Un’analisi di Bain, evidenzia come dal 2015 al 2022 la produzione auto cinese sia salita dal 27 al 33% del totale mondiale, mentre quella europea scendeva dal 24 al 19%, perdendo 5,3 milioni di pezzi e relativi addetti.

Sul fronte occupazionale quindi non ci siamo proprio. Se l’industria persegue i profitti, e la Cina punta a esportare e conquistare i mercati, non sono per nulla chiare le strategie del legislatore per contrastare l’impatto devastante sul lavoro causato dalla forte spinta all’elettrificazione voluta dallo stesso legislatore.

Colonnine nelle superstrade, flop del primo bando

I bandi per la realizzazione delle colonnine nelle città e lungo le superstrade sono stati un insuccesso, lo stesso ministero dell’Ambiente ha confermato il flop completo per la parte relativa ai punti di ricarica nelle arterie extraurbane, proprio dove le colonnine sono fondamentali per agevolare l’affermazione della mobilità elettrica e alleviare uno dei principali freni alla sua adozione.

A inizio maggio il dicastero retto da Gilberto Pichetto Fratin ha pubblicato gli avvisi per la presentazione dei progetti da finanziare, per l’appunto, con le risorse del Pnrr. Il piano prevede l’installazione, entro il 30 giugno del 2026, di più di 21 mila stazioni e a tal fine stanzia oltre 741 milioni di euro. I primi bandi includono finanziamenti per 150 milioni per realizzare 2.500 stalli lungo le superstrade e 127 milioni per 4 mila prese nei centri urbani. Gli operatori hanno presentato entro la scadenza dello scorso 30 giugno diversi progetti e il ministero ha publicato ieri, 3 luglio, l’esito della selezione.

Bene le strade urbane

Per la parte “urbana” sono state presentate 4.718 domande per un importo di 70 milioni di euro. Secondo il Ministero, si tratta di un risultato “particolarmente positivo, in quanto l’obiettivo di questo primo bando era fissato a quattromila colonnine”.

Fiasco Superstrade, poche proposte e mancanza di requisiti

Il vero flop è legato alle superstrade, perché lo stesso dicastero parla non solo di “poche proposte”, ma anche dell’assenza dei necessari requisiti. “In merito all’Avviso pubblico per le ricariche sulle superstrade, non è stato possibile selezionare progetti, in quanto le poche proposte progettuali presentate non avevano i requisiti di ammissibilità alla misura”, si legge nel comunicato ministeriale. “Il ministero si è già attivato con gli operatori interessati per individuare le motivazioni che hanno portato alla scarsa adesione, al fine di adottare le misure più opportune per stimolare una più ampia partecipazione”. Evidentemente, gli allarmi lanciati negli scorsi mesi da alcune associazioni di settore non sono stati ascoltati.

Da gennaio, infatti, Motus-E avverte del rischio di perdere i fondi europei a causa di alcune criticità tecniche: tempistiche incompatibili con i processi autorizzativi, poca chiarezza delle definizioni dei decreti o eccessiva ampiezza degli ambiti di gara. Tutti ostacoli da superare al più presto, visto che il Mase ha assicurato l’avvio di “ulteriori procedure di selezione con l’obiettivo di raggiungere il target finale di installare oltre ventunomila infrastrutture di ricarica entro il mese di giugno 2026”.

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