Veicoli commerciali: Il 2024 chiude in lieve crescita (+1,1%)

Il mercato italiano dei veicoli commerciali ha chiuso il 2024 con una lieve crescita dell’1,1%, registrando 198.630 immatricolazioni, poco oltre le 196.551 unità del 2023 (+5,3% sul 2019).

Tuttavia, l’anno si è caratterizzato da un andamento a due velocità: una forte crescita nei primi sette mesi (+15,4%, oltre 17.200 unità in più rispetto al 2023), seguita da un calo significativo negli ultimi cinque mesi (-17,8%, con una perdita di oltre 15.100 unità).

A dicembre, il mercato ha segnato la 5^ flessione consecutiva dell’anno, pari a -13,7%, con 15.300 immatricolazioni rispetto alle 17.722 dello stesso mese del 2023.

L’UNRAE stima per il 2025 una contrazione del mercato del 4% rispetto al 2024, con 190.000 immatricolazioni. Nonostante ciò, il dato rimane superiore alla media degli ultimi dieci anni, pari a 180.000 unità.

Nonostante un miglioramento nel mese di dicembre per i veicoli elettrici puri, con una quota salita al 2,7% rispetto all’1,5% dello stesso periodo dello scorso anno, il 2024 chiude all’1,9% del totale mercato, in calo rispetto al 3,1% del 2023.

 

l’infografica sulle immatricolazione dei veicoli commerciali

La struttura del mercato dell’intero anno 2024, con dati quasi definitivi, confrontata con lo stesso periodo 2023, presenta andamenti differenziati per i canali di vendita.

I privati chiudono l’anno con un lieve calo in volume e cedono appena 0,2 punti di quota, al 15,1%. Le autoimmatricolazioni perdono il 3% delle immatricolazioni e si fermano al 7,3% di quota, cedendo 0,3 punti.

Il noleggio a lungo termine perde 0,2 punti, scendendo al 31,2% del totale mercato, per la flessione soprattutto delle società Top, ma anche delle Captive. Il noleggio a breve termine conferma il 5,9% di quota, enti e società mantengono la prima posizione e, con una crescita superiore al mercato, guadagnano 0,7 punti di share, al 40,4%.

Sul fronte delle motorizzazioni, nel 2024 il diesel – unica motorizzazione in crescita – guadagna 3,3 punti di quota e sale all’83,7% del mercato. Il motore a benzina cede mezzo punto, fermandosi al 3,8%. Il Gpl scende al 2,7% (-0,4 p.p.), il metano si ferma allo 0,1% del totale, i veicoli plug-in scendono allo 0,2% di share. Come anticipato, in forte calo i veicoli BEV, che passano dal 3,1% di un anno fa all’1,9% attuale, mentre i veicoli ibridi perdono 0,9 punti e coprono il 7,5% del totale.

Di conseguenza, la CO2 media ponderata nell’intero 2024 cresce del 2,9% a 195,6 g/Km (rispetto ai 190,0 g/Km dello stesso periodo 2023).

Noleggio auto, male il 2024

Il mercato del noleggio fa peggio della media del settore auto e perde, nel corso del 2024, il 10,13% delle immatricolazioni rispetto al 2023.

Così l’analisi realizzata da Aniasa (Associazione delle società del settore mobilità pay-per-use in capo a Confindustria) e Dataforce.

La crisi dei volumi, che riguarda soprattutto il noleggio a lungo termine, è peggiorata nel corso dell’anno con un quarto trimestre 2024 sempre più negativo per le immatricolazioni, scese del 20,8% sull’anno prima. La quota di mercato del noleggio si è assestata al 27%, inferiore rispetto ai mercati europei più maturi.

«Il calo significativo delle immatricolazioni – premette il presidente di Aniasa Alberto Viano – non è necessariamente l’effetto di una riduzione della domanda di noleggio, tanto che la flotta a noleggio è cresciuta. Si tratta dell’effetto di una serie di fattori tra loro combinati come l’aumento dei listini e dei tassi, che hanno portato ad allungare i periodi di noleggio. la durata dei noleggi è passata da 36 a 48 mesi e questo ha ridotto la quota di immatricolazioni».

Se questa dinamica ha profondamente condizionato il 2024, il 2025 invece rischia di scontare gli effetti negativi delle misure in manovra legate ad un trattamento fiscale dei fringe benefit meno conveniente. «Pesano sul settore incertezze normative e regolamentari che con l’ultima Legge di Bilancio si sono ulteriormente radicate, con un aggravio economico a carico di oltre un milione di lavoratori dipendenti che utilizzano l’auto aziendale» spiega Viano.

Un discorso a parte meritano poi le politiche degli incentivi, che hanno finito per scoraggiare i privati, segmento sino ad un certo punto caratterizzato da un interesse crescente verso le formule a noleggio, in alternativa al tradizionale acquisto. Da un punto di vista strategico, dunque, nel 2025 è necessario aprire il cantiere della fiscalità a carico della mobilità piuttosto che tornare a pensare a stagioni di incentivi. «Da sempre siamo convinti che gli incentivi, per come sono stati gestiti, generano aspettative – spiega Viano – e rallentano gli acquisti per poi generare una rincorsa. Siamo altrettanto convinti che una riforma sulla parte fiscale con obiettivo a lungo termine sarebbe più efficace». Un discorso a parte merita la leva dell’Iva per rilanciare il settore e rendere di maggiore appeal il noleggio per i privati, «abbiamo proposto un abbassamento dell’imposta – spiega Viano – con una aliquota Iva più bassa ad esempio sulle auto a basse emissioni, per renderle di maggiore appeal».

Guardando all’interno del report, si scopre ad esempio che il settore dei rent a car è riuscito a targare quasi 100mila veicoli (+14,57%) e ha conquistato una quota di mercato del 5,7%, il market share del noleggio a lungo termine, invece, è sceso al 21,3%, per un totale di 374mila targhe. Se da un lato è vero che il confronto con il 2023 per il Noleggio a Lungo Termine (NLT) è fatto con un periodo caratterizzato da un record di immatricolazioni grazie a un portafoglio ordini importante, condizionato dalle ritardate consegne del 2021 e 2022, dall’altro il noleggio a breve termine (NBT), per la prima volta dopo la pandemia, è tornato a crescere in maniera decisa, anche se l’accelerazione dei primi mesi dell’anno si è affievolita. Nel complesso, il calo delle immatricolazioni per le autovetture è stato dell’11,7%, mentre i veicoli commerciali hanno resistito attestandosi a quota -0,2% sull’anno prima.

In attesa di conoscere l’effettiva applicazione del nuovo sistema di calcolo del fringe benefit e di una decisione dell’Ue in merito alle multe per lo sforamento dei limiti di emissioni nelle nuove immatricolazioni, le previsioni sull’andamento del 2025 si sdoppiano in due ipotesi: una più sfavorevole, che vedrebbe un vero e proprio crollo del mercato con oltre un terzo di targhe in meno sul 2024, una più favorevole invece, con un calo più lieve delle immatricolazioni, intorno al 3%.

Cassazione: legittimo il risarcimento limitato a chi va nell’officina di fiducia

Per la Corte di Cassazione non sono considerate vessatorie le clausole su scoperto e franchigia. A prevalere è la libertà delle parti

Le compagnie assicurative possono inserire nelle polizze danni una clausola che preveda una misura differenziata dell’indennizzo, in funzione delle scelte dell’assicurato in ordine al soggetto cui affidarsi per la riparazione del bene danneggiato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 33402/2024), tornando a occuparsi della questione clausole che di fatto consente alla compagnia di favorire chi sceglie un riparatore con essa convenzionato invece che uno di fiducia del danneggiato stesso.

La Cassazione specifica che queste tipologie di clausole non sono considerate in sé come restrittive della libertà negoziale con i terzi né generano un significativo squilibrio ai fini delle norme sulle clausole vessatorie (trattate dagli articoli 1341 del Codice civile e 33, lettera t) del Codice del consumo Dlgs 206/2005).

Il caso

La sentenza riguarda un caso in cui un assicurato aveva stipulato una polizza sul rischio di danni da atti vandalici alla propria autovettura. Il contratto prevedeva che, in caso di sinistro, l’indennizzo sarebbe stato integrale se l’assicurato avesse fatto riparare il mezzo in una delle officine indicate dall’assicuratore, altrimenti sarebbe stato contrattualmente applicato uno scoperto del 20% con un minimo di euro 1.500,00.

Verificatosi il sinistro, il danneggiato si rivolgeva a un’officina di propria scelta non convenzionata e quest’ultima, cessionaria del credito, agiva in giudizio per ottenere lo scoperto dalla Compagnia, eccependo la nullità della clausola, in quanto ritenuta abusiva.

Il giudice di pace, interessato in primo grado della questione, rigettò la domanda, mentre il Tribunale, in funzione di giudice del gravame, ritenne, da un lato, che l’officina era legittimata a far valere la nullità della clausola e, dall’altro, che tale rilievo era fondato in quanto la clausola era nulla  sulla base dell’articolo 33 del Codice del Consumo.

La nullità era effetto del limite alla libertà contrattuale del consumatore e della prevista riduzione minima del premio a fronte di uno scoperto. Il Tribunale precisò che la nullità della clausola derivava dal fatto che essa poneva a carico del consumatore una restrizione alla propria libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, non bilanciata da alcun serio vantaggio e, peraltro, che essa non era stata oggetto di trattativa individuale.

La sentenza della Corte di Cassazione

La Cassazione confuta entrambi gli assunti, precisando che restrittiva della libertà contrattuale è quella clausola che imponga all’aderente di contrattare solo con il disponente oppure quella che preveda uno svantaggio economico se l’aderente si rivolge a terzi per avere la stessa prestazione offerta dal disponente. È patto interno, invece, l’accordo per cui l’aderente si obbliga verso il disponente a concludere affari solo con taluni soggetti chiaramente indicati.

Il contratto, in vero, accordava all’assicurato una mera facoltà: rivolgersi per le riparazioni a un’officina convenzionata o a una non convenzionata. Nel primo caso avrebbe evitato lo scoperto e ottenuto uno sconto sul premio, nel secondo caso no.

Inoltre, la riduzione dell’indennizzo non costituisce uno squilibrio significativo, in quanto la misura dell’indennizzo è rimessa alla libertà negoziale delle parti. Non esiste una gerarchia di validità tra l’assicurazione a valore pieno e la sottoassicurazione o l’assicurazione con scoperto obbligatorio.

Lo scoperto e la franchigia sono patti contrattuali che delimitano l’oggetto del contratto e, per ritenere che essi provochino un «significativo squilibrio», occorrerebbe postulare un erroneo e fallace presupposto. Cioè che l’assicurazione, a valore pieno e senza scoperto, costituisca il “minimo sindacale” indefettibilmente dovuto dall’assicuratore.

Auto nuove, prezzi record. Nel 2024 il costo medio arriva a quota 30 mila €

Supera i 47 miliardi di euro la cifra spesa dagli italiani (famiglie ed imprese) nel 2024 per l’acquisto di nuove vetture.

Un valore record, superiore di 2 miliardi di euro rispetto ai numeri del 2023. Questo è quanto ha rilevato un rapporto del Centro Studi Fleet&Mobility che ha scattato una fotografia del mercato auto italiano del 2024. Dunque, numeri in crescita nonostante nel suo complesso il mercato auto italiano abbia chiuso l’anno in leggera flessione.

Le stime sono state elaborate partendo dai dati ufficiali delle immatricolazioni forniti da DataForce e realizzate in collaborazione con EVO e di Texa-TMD. Il motivo degli incrementi di spesa è da ricercarsi nell’aumento del prezzo medio delle vetture immatricolate che ha toccato quota 30 mila euro, oltre mille euro in più rispetto al 2023 (21.000 euro prima dello scoppio della pandemia).

AUTO SEMPRE PIÙ CARE NEL NOSTRO PAESE

Questa tendenza al rialzo dei prezzi sta ovviamente influenzando l’intero mercato auto. Secondo il rapporto, a causarlo sarebbero in parte l’aumento dei listini e in parte il maggior numero di acquisti dei privati. Il calo del noleggio a lungo termine, parzialmente bilanciato da un incremento delle auto a chilometro zero e dei veicoli acquistati dai rent-a-car, ha ridotto le immatricolazioni caratterizzate da forti sconti, spingendo il mercato verso i segmenti medio-alti (quindi verso modelli più costosi).

Secondo Pier Luigi Del Viscovo, direttore Centro Studi Fleet&Mobility, gli italiani non hanno mai speso così tanto per l’acquisto di auto nuove. Si tratta di un segnale che comunque nel nostro Paese continua ad esserci una domanda di auto nuove. Tuttavia, il mercato è diventato meno “popolare” rispetto al passato dato che l’auto è tornata ad essere una spesa importante, magari da tenere più a lungo.

In questo scenario che secondo il rapporto è voluto dall’industria (preferenza dei margini piuttosto che dei volumi) sarà ben difficile tornare ai volumi di mercato precedenti allo scoppio della pandemia. “In economia, quando i prezzi salgono i volumi scendono“. Del resto, gli stipendi degli italiani fanno fatica a reggere la fiamma dei prezzi non solo delle auto ma pure di molti altri prodotti a causa dell’incremento dell’inflazione.

NON SOLO ITALIA: UNA CRISI GLOBALE

La crisi dell’auto non tocca solo l’Italia, nemmeno soltanto l’Europa, dove pure c’è qualche eccezione. Arriva fino alla Tesla, che nel 2024 ha fatto registrare il primo storico calo delle vendite: poco meno di 1,8 milioni  veicoli venduti, (-1,1% rispetto al 2023). Stellantis non fa eccezione: in Italia  ha immatricolato nel 2024, secondo le elaborazioni di Dataforce, 452.615 auto (-9,9% sul 2023) e la quota di mercato si è attestata al 29%, in calo del 3% rispetto al 2023. A dicembre 2024 le vendite del gruppo in Italia sono state di 24.411 auto (-18,1% sullo stesso mese del 2023), con una quota del 23,1% (-3,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente). Tra i marchi, Fiat ha registrato un -41,1% di immatricolazioni a dicembre rispetto allo stesso mese del 2023, ma resta leader per le vendite in Italia contando l’intero anno, con 143.867 auto, comunque con un calo percentuale a due cifre rispetto al 2023. 

Mercato europeo dell’auto: calano le immatricolazioni

A novembre, il mercato europeo dell’auto torna in territorio negativo. Lo scorso mese, secondo i dati diffusi dall’associazione dei costruttori Acea, le immatricolazioni nell’area Ue+Efta+Uk si sono attestate su 1.055.319 unità, il 2% in meno rispetto all’anno scorso. Di conseguenza, si riduce il tasso di crescita del cumulato annuo: nei primi 11 mesi dell’anno sono state targate 11.876.655 vetture, per un miglioramento di appena lo 0,6%.

In crescita solo la Spagna. Tra i mercati di riferimento, è la Francia a mostrare la peggior performance, con un -12,7%, seguita dall’Italia (-10,8%), dal Regno Unito (-1,9%) e dalla Germania (-0,5%). Solo la Spagna cresce grazie a un +6,9%. In termini di aree, l’Unione Europea flette dell’1,9% e l’Efta del 5,2%.

Elettriche in chiaroscuro. Quanto alle alimentazioni continuano a crescere le elettriche, anche se a un ritmo non elevato e solo con la spinta del mercato britannico, dove gli obblighi del mandato Zev stanno spingendo le Case a promuovere le auto a batteria per non pagare pesanti sanzioni. Le Bev, dunque, guadagnano lo 0,9%, ma le motorizzazioni che se la cavano meglio sono sempre le ibride non ricaricabili con un +16,4%. In calo le Phev (-8,6%) e i modelli tradizionali: -12,4% per le auto a benzina e -15,4% per i diesel. Tuttavia, se si restringe il campo alla sola Ue, le auto a batteria perdono ben il 9,5% a causa di una forte contrazione in Germania (-21,8%), Francia (-24,4%) e Italia (-17,4%). Pertanto, la loro penetrazione scende dal 16,3% al 15%, portando la quota dei primi 11 mesi al 13,4%.

I gruppi. L’analisi dei dati dei vari gruppi conferma ancora una volta l’influenza di Stellantis nel determinare l’andamento del mercato. Infatti, il gruppo è tra i pochi a registrare un calo a doppia cifra: -10,8%, con 142.425 targhe e forti contrazioni per Fiat (-40,2%), Lancia (-77,7%) e Opel (-19,6%). Bene solo Peugeot (+17%). Positivo il gruppo Volkswagen con un +2,8%, 286.552 immatricolazioni e la spinta della Skoda (+10%), della Cupra (+23,5%) e della Porsche (+28,3%) ad annullare l’andamento negativo dell’Audi (-14,7%) e della Seat (-6,9%). In crescita anche Renault: le 111.697 targhe mensili implicano un incremento del 9,2%, legato sostanzialmente al +13,2% della Losanga, mentre la Dacia guadagna il 4,8%. Il gruppo Hyundai perde il 10,5%, mentre salgono la Toyota (+12%), la Volvo (+16,8%) e, di poco, la Mercedes-Benz (+0,1%). In calo il gruppo BMW (-4,3%), la Ford (-15,6%), la Nissan (-11,9%), la Tesla (-28,4%), la Saic (-3,4%) e la Jaguar Land Rover (-6,3%). Tra le altre giapponesi, giù Suzuki (-8,5%), Mazda (-16,6%), Honda (-19,6%) Mitsubishi (-25,6%).

In vigore il nuovo codice della strada

Ecco quali sono le novità introdotte dal nuovo Codice della strada entrato in vigore sabato 14 dicembre 2024

LIMITI DI VELOCITÀ

Rimangono in vigore i limiti di velocità attuali. La sanzione va da 173 a 694 euro per chi supera di oltre 10 km/h e di non oltre 40 km/h i limiti massimi di velocità. Se succede all’interno di un centro abitato e per almeno due volte nell’arco di un anno, la sanzione passa a una cifra fra 220 e 880 euro con sospensione della patente da quindici a trenta giorni. Se si supera il limite fra i 40 e i 60 km/h la multa va da 543 a 2.170 euro, con sospensione della patente da uno a tre mesi. Oltre i 60 60 km/h la multa va da 845 a 3.382 euro, con sospensione della patente da sei a dodici mesi.

SMARTPHONE ALLA GUIDA

Per chi guida con lo smartphone le sanzioni vanno da un minimo di 250 euro a un massimo di 1.000. C’è la sospensione automatica di una settimana se si viene sorpresi col telefono al volante con la patente fino a 10 punti. In caso di recidiva la multa arriva fino a 1.400 euro e la sospensione della patente può arrivare a tre mesi. Viene aggiunta la decurtazione da 8 a 10 punti. I tempi di sospensione raddoppiano se l’uso dello smartphone causa incidenti. La maggiorazione della multa invece non può essere superiore ai tre quinti dell’importo della sanzione.

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA

Se il tasso alcolemico è compreso tra 0,5 e 0,8 grammi per litro, arriva una sanzione amministrativa pecuniaria da 573 a 2.170 euro e la sospensione della patente da 3 a 6 mesi. Se il tasso alcolemico è compreso tra 0,8 e 1,5 grammi per litro, c’è doppia sanzione: arresto fino a 6 mesi e ammenda da 800 a 3.200 euro con sospensione della patente da 6 mesi a un anno. Se il tasso alcolemico è superiore a 1,5 grammi per litro: arresto da 6 mesi e un anno e ammenda da 1.500 a 6.000 euro, la sospensione della patente va da uno a due anni.

ALCOLOCK

Chi ha un tasso alcolemico da 0,8 in su non potrà più bere prima di mettersi alla guida o potrà guidare solo veicoli con a bordo l’alcolock, un dispositivo combinato al sistema di avviamento dell’auto, in grado di registrare il tasso alcolemico soffiandoci dentro.

RECUPERARE PUNTI

Si possono frequentare corsi extra-curricolari di educazione stradale organizzati dalle scuole e dalle autoscuole per avere 2 punti aggiuntivi.

STUPEFACENTI

Chi guida dopo aver assunto stupefacenti può essere sanzionato anche solo con un risultato positivo al test (è abolito il requisito dello stato di alterazione per configurare il reato): rischia la revoca della patente e la sospensione fino a tre anni.

AUTOVELOX

Cambiano le modalità di posizionamento degli autovelox, che saranno utilizzabili solo se il massimo della velocità concessa sul tratto di strada è inferiore di non oltre 20 km/h rispetto a quanto previsto dal Codice per quel tipo di strada. Ad esempio, se nelle strade extraurbane principali c’è il limite di 110 km/h, non sarà possibile installare un autovelox nei tratti in cui sia previsto a meno di 90 km/h. Il dispositivo dovrà essere preceduto da un apposito segnale a non meno di un chilometro. Tra due autovelox si dovrà mantenere una distanza di almeno 3 chilometri sulle strade extraurbane principali e di uno su quelle secondarie.

Se si prendono più multe nello stesso tratto stradale, in un periodo di tempo di un’ora e di competenza dello stesso ente, non si cumulano le sanzioni, se ne paga una sola, quella più grave aumentata di un terzo.

CICLISTI E SICUREZZA

Gli automobilisti saranno obbligati a mantenere un metro e mezzo di distanza quando sorpassano una bicicletta.

MONOPATTINI

I monopattini dovranno essere regolarizzati con l’assegnazione di una targa e l’assicurazione, e i conducenti dovranno sempre indossare il casco. In mancanza di documenti, la sanzione sarà da 100 a 400 euro. I monopattini dovranno anche essere dotati di indicatori luminosi per la svolta e per la sfrenata, pena una multa tra 200 e 800 euro. Non possono uscire dai centri urbani.

NEOPATENTATI

I guidatori si considereranno neopatentati fino a tre anni dopo il conseguimento della patente. Aumenta però il limite della potenza degli autoveicoli concessa: la massima sarà di 105 kW per tutti i mezzi M1 (autoveicoli per trasporto persone con massa complessiva entro 3,5 t) e di 75 kW/t di rapporto potenza/tara per tutti gli altri autoveicoli. Secondo il Codice attuale, il limite è di 55 kW/t per gli autoveicoli in generale e di 70kw/h per le autovetture.

PARCHEGGIO DISABILI

Aumentano le sanzioni per la sosta nei parcheggi per i disabili (da 330 a 990 euro) e nelle corsie o fermate degli autobus (da 165 a 660 euro), e chi, abbandonando gli animali in strada, causa incidente stradali con morti, feriti o lesioni personali gravi o gravissime, rischia fino a sette anni di carcere.

ABBANDONO ANIMALI

Per chi abbandona animali in strada ci sono revoca o sospensione della patente da sei mesi a un anno. Si rischiano fino a sette anni di carcere se questo causa incidenti con morti o feriti.

Batterie, Europa in difficoltà: nel 2030 produrrà solo il 12% del mercato mondiale

Il fallimento di Northvolt ha acceso definitivamente la spia, ma non del tutto. Perché il crollo di quella che era ritenuta il fiore all’occhiello dell’industria continentale della batterie per automobili, rappresenta appena l’8% sul 59% di progetti di gigafactory che nell’ultimo monitoraggio di Transport & Environment, organizzazione con base a Bruxelles molto influente in materia di auto elettriche e decarbonizzazione, sono considerati a bassa probabilità di essere completati in Europa entro fine decennio.

Sulla base dei progetti annunciati T&E ha individuato una capacità virtuale di 1,7 TWh entro il 2030, per circa 50 impianti. Non tutti di matrice occidentale. Spiccano, infatti, quelli del numero uno mondiale, la cinese Catl (100 GWh in Ungheria), del colosso coreano LG Energy Solution (in Polonia, 115 GWh) e di Tesla a Berlino (100 GWh). Ma nella mappa ci sono anche i progetti della cinese Svolt (spin-off del costruttore di automobili Great Wall Motors) e della giapponese Envision Aesc. Tra i Paesi, l’Italia con il rinviato impianto di Termoli (consorzio ACC: Stellantis, Mercedes-Benz, TotalEnergies) arriverebbe nel 2030 a 48 GWh, contro i 358 della Germania, i 196 della Spagna e i 215 dell’Ungheria.

Secondo T&E se l’Ue non dovesse confermare gli obiettivi sulle emissioni di CO2 e i dazi sull’import di auto elettriche cinesi – un combinato disposto che potrebbe frenare, dal 20% della quota di mercato stimata per il 2025 al 18% nel 2026, le vendite di auto made in China; in assenza si arriverebbe al 27% – sarebbero a rischio decine di miliardi di investimenti. Oltretutto, «a fronte della tariffa doganale più bassa del mondo, appena superiore all’1%, proprio sull’import di batterie». Secondo le stime di T&E solo il 10% dei progetti di gigafactory di batterie annunciati (oltre a quelli già in funzione) ha attualmente delle chance concrete. Come si diceva, il 59% è già a rischio, con una perdita di circa 100mila potenziali posti di lavoro. Il 15% dei progetti è in costruzione e il 17% sono operativi.

In sostanza, la catena di approvvigionamento è nelle mani del Dragone e dei sudcoreani. E le importazioni andranno avanti anche in futuro. «Quando si parla di autonomia per la catena di approvvigionamento delle batterie europee – spiega Evan Hartley, senior analyst di Bmi – ci sono alcune cose da considerare. In primo luogo, la capacità non equivale alla produzione, quindi mentre prevediamo che la domanda regionale europea per il 2030 sarà di circa 930 GWh, stimiamo che la produzione effettiva sarà di circa 430 GWh. L’Europa sarà ancora fortemente dipendente dalla Cina o da altri impianti di produzione asiatici. Allo stesso modo, non tutta la produzione sarà orientata verso i mercati rilevanti, quindi è improbabile che la domanda sia completamente soddisfatta dalla produzione europea».

Attualmente Bmi sta monitorando 36 progetti di produzione di celle per batterie in Europa, con una capacità di pipeline di 1141,8 GWh e 36 fabbriche, con 191,9 GWh di capacità operativa a partire dal 2024. «Vale la pena notare – continua Hartley – che tale pipeline si è ridotta nel corso dell’ultimo anno, essendo di 133 GWh più piccola di quanto non fosse nel dicembre 2023. Alcune startup locali che cambiano i piani, come ACC e Northvolt, hanno contribuito . Ma anche produttori cinesi affermati come Svolt stanno faticando a realizzare i piani nella regione. Ed è probabile che l’impatto del crash di Northvolt investa altri produttori su piccola scala o start-up, che potrebbero incontrare ulteriori difficoltà nell’ottenere finanziamenti».

Italia, mercato auto in calo del 10%

Un altro mese in frenata per il mercato auto in Italia, con le immatricolazioni a novembre in calo del 10,8% rispetto all’anno scorso, a quota 124.251 autovetture. Il consuntivo dei primi undici mesi dell’anno si è chiuso con un milione e 452.973 immatricolazioni e un calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno dello 0,2%.

Il mercato auto dunque vira in terreno negativo e punta a chiudere l’anno sotto la soglia raggiunta nel corso del 2023 e con un gap di oltre il 18% rispetto alla fase precedente al Covid.

Le prospettive per il 2025 non appaiono positive, prevede il Centro Studi Promotor. Dall’inchiesta congiunturale mensile a fine novembre, emerge che soltanto il 5% dei concessionari ipotizza per i prossimi mesi vendite in aumento, mentre il 37% si attende una stabilità sui bassi livelli attuali e il 58% prevede un calo delle immatricolazioni.

In questo contesto, continua la crisi dei volumi sul mercato dei marchi Stellantis a cominciare da Fiat che a novembre ha immatricolato 8.700 vetture contro le 15mila dello stesso mese del 2023, superata da Toyota/Lexus e da Volkswagen. Il marchio storico italiano, che ha registrato nel mese un calo del 41% – del 16% da inizio anno – sconta anche lo stop alle vendite della Fiat 500 a motore termico, la frenata del modello elettrico e i tempi lunghi per lo sviluppo della versione ibrida. In casa Stellantis registrano un calo anche Jeep (-14,7%), Lancia e Alfa Romeo mentre reggono meglio i brand di matrice francese.

In casa Volkswagen tiene il brand principale, che mette a segno 1.500 immatricolazioni in più dello stesso periodo del 2023, dimezza i volumi Seat e Audi archivia un mese negativo ma cresce del 2,5% da inizio anno. Il Gruppo Renault, guidato da Luca De Meo, registra per i marchi Renault e Dacia una crescita dei volumi dell’11% da gennaio a novembre, a fronte di immatricolazioni deboli il mese scorso.

Toyota è tra i player principali quello che performa meglio visto che registra un aumento dei volumi del 25% da inizio anno, contro Tesla che nel mese riduce ad un terzo le immatricolazioni rispetto a novembre 2023. Tra gli emergenti cresce soltanto MG con il 35% di immatricolazioni in più da inizio anno.

Le incertezze sul mercato, accanto all’aumento dei prezzi, al buon andamento dell’usato e alla transizione all’elettrico di fatto bloccata genera, secondo Quagliano, un paradosso: «Le vendite di auto nuove sono molto depresse, ma il parco circolante continua ad aumentare e ciò nonostante che la popolazione sia in calo. Prima della crisi da pandemia nel 2019, secondo l’Isfort il tasso di motorizzazione in Italia era pari a 65,6. Nel 2023 questo tasso è salito a 69,4 ma è aumentata anche l’età media delle auto circolanti con ripercussioni negative sia sulla sicurezza della circolazione che sull’ambiente».

Italia e altri 6 Paesi Ue chiedono la revisione delle norme auto nel 2025

Si allarga il fronte dei Paesi Ue che chiede di anticipare di un anno, al 2025, la revisione delle norme europee sulle emissioni di CO2 delle auto, che prevedono lo stop dei motori a benzina e a diesel nel 2035.

L’Italia e la Repubblica ceca hanno inserito la richiesta in un non-paper a cui hanno aderito Austria, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Polonia. Il documento sarà presentato giovedì al Consiglio Ue Competitività a Bruxelles, alla presenza del ministro Adolfo Urso.

Tra le altre istanze, i 7 Paesi chiedono una strategia industriale a lungo termine per l’automotive e un piano di investimenti pluriennale.

Regno Unito: confermato lo stop alle auto a benzina e diesel nel 2030

Il governo britannico ha ribadito l’obiettivo di fermare la vendita di nuove auto a benzina e diesel nel 2030.

La conferma è arrivata al termine di un incontro tra i rappresentanti dell’esecutivo, guidato dal laburista Keir Starmer, e dell’industria delle quattro ruote, da tempo concorde nel chiedere maggior flessibilità e una revisione delle attuali politiche alla luce di un ritmo di adozione della mobilità elettrica insufficiente per sostenere il percorso indicato da Downing Street.

Il nodo Zev. Londra non ha comunque mancato di fornire delle rassicurazioni, sottolineando come la transizione verso l’elettrico verrà “guidata in un mondo che sosterrà anche la crescita economica del Regno Unito”. Tuttavia, le Case manifestano da anni le loro preoccupazioni non solo sulla data del phase-out (riportata al 2030 da Starmer dopo il rinvio al 2035 deciso dal predecessore Rishi Sunak), ma anche, se non soprattutto, sul “mandato Zev”, un pacchetto di obblighi e requisiti che impone al settore di raggiungere specifici target in termini di peso delle elettriche sul totale delle vendite. Il mandato stabilisce già per quest’anno che il 22% delle nuove auto vendute nel Regno Unito debba essere elettrico e poi definisce un percorso di progressivo aumento della percentuale, per arrivare al 100% entro il 2030. Inoltre, sono previste multe salate per chi non rispetta gli obblighi: le sanzioni arrivano fino a 15.000 sterline per ogni veicolo tradizionale venduto in più rispetto all’obiettivo. Detto questo, i costruttori possono anche acquistare, sempre al prezzo di 15 mila sterline, delle “indennità Zev” dai rivali in regola.

Il mercato. Per promuovere l’adozione della mobilità elettrica e quindi soddisfare gli obblighi, il settore ha chiesto a Londra di ripristinare gli incentivi all’acquisto, già tolti da Sunak e difficili da riattivare a causa di un difficile e complessa situazione per i conti pubblici, oppure di introdurre una serie di agevolazioni, tra cui il dimezzamento dell’Iva e una forte riduzione delle tasse sull’elettricità erogata dalle colonnine di ricarica. I costruttori temono già oggi di non poter raggiungere l’obiettivo fissato, non tanto per quest’anno quanto per gli anni prossimi. A ottobre, le vendite di elettriche sono aumentate del 24,5%, arrivando al 20,7% del totale, ma si tratta di una fiammata legata più che altro alla decisione delle Case di avviare massicce promozioni pur di tentare di soddisfare i limiti imposti dal mandato. Se si guarda ai numeri dei primi dieci mesi dell’anno, le Bev, grazie a una crescita del 14,2%, hanno raggiunto il 18,1% dell’immatricolato, una percentuale ancora lontana dall’obbligo del 22% e raggiungibile solo con nuovi, pesanti sconti da parte dei costruttori. Si tratta di una situazione difficilmente sostenibile nel lungo termine senza delle contromisure, magari sulla forza lavoro, come deciso recentemente dalla Ford.

 

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