Segnaletica illeggibile?: il Comune non è responsabile degli incidenti

Anche se la segnaletica è “illeggibile”, la circolazione può comunque avvenire senza inconvenienti perché sono sufficienti le norme del Codice della Strada. Questo è quanto ha deciso la Cassazione, escludendo così la responsabilità di un Comune in un caso di incidente

 

Una recente sentenza della Cassazione stabilisce che la segnaletica stradale in pessime condizioni, sia verticale che orizzontale, non è sufficiente per stabilire, in caso di incidente, una responsabilità in capo al Comune che avrebbe l’obbligo di tenerla in efficienza. Nel caso esaminato il Tribunale, visto che i segnali non erano visibili, aveva escluso la possibilità di applicare l’articolo 145 C.d.S., comma IV, che prevede l’obbligo di dare la precedenza “nelle intersezioni nelle quali sia così stabilito (…) con apposito segnale” e, di conseguenza, aveva deciso di applicare la presunzione di pari responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro (50% di colpa per ognuno dei due conducenti). La vicenda era quindi approdata sui banchi della Corte di Cassazione, che ha confermato il proprio orientamento stabilendo che se la circolazione può comunque avvenire senza inconvenienti, perché sufficienti e idonee a regolarla le norme del Codice della Strada, la mancanza di una “intelligibile” segnaletica stradale non può ritenersi causa degli eventuali incidenti e quindi non determina alcuna responsabilità per l’ente custode della strada, in questo caso il Comune.

 

 

 

articolo di insella.it

 

 

 

 

 

Ritiro patente per guida con cellulare: si parte in estate?

Ritiro immediato della patente per chi usa il telefonino mentre guida, divieto di sorpassare ciclisti se c’è uno spazio laterale minore di un metro e mezzo e avvio (dopo cinque anni di false partenze) dei controlli automatici per scoprire più facilmente chi circola senza assicurazione Rc auto. Sono i tre punti principali su cui il Governo sta lavorando per modificare il Codice della strada. E’ possibile che le novità finiscano in qualche provvedimento successivo o diventino l’oggetto di un decreto legge specifico, da far entrare in vigore in estate.

 

Non è nemmeno sicuro che tutte e tre le novità arrivino contemporaneamente: potrebbe anche esserci uno spacchettamento.

 

Quel che è sicuro è la volontà del Governo di fare qualcosa in materia di sicurezza stradale, perché l’argomento è tornato di attualità dopo alcuni incidenti (come quello costato la vita al corridore Michele Scarponi, portato come esempio dei rischi che corrono quotidianamente i ciclisti, anche se ha ben poca attinenza con essi) e le statistiche che mostrano un’interruzione del calo della mortalità su strada (soprattutto per pedoni e ciclisti).

Ci sono anche alcune proposte della Polizia stradale che attendono da molto tempo e ora almeno quella sull’inasprimento delle sanzioni legate all’uso del cellulare dovrebbe essere recepita.

 

In sostanza, la sospensione della patente per chi usa il cellulare (cioè digita su schermo o tastiera oppure parla senza utilizzare auricolare o vivavoce) verrebbe prevista già alla prima violazione, mentre oggi scatta solo per i recidivi (intesi come quelli che hanno già commesso nell’ultimo biennio un’infrazione relativa al telefonino). Le conseguenze della novità (che si riferisce all’articolo 173 del Codice della strada) sarebbero due:

– gli agenti che fermano un trasgressore dovrebbero ritirargli subito la patente (per inviarla al prefetto, che quantificherà il periodo di sospensione, compreso fra uno e tre mesi), mentre oggi possono farlo solo se sono in grado di verificare all’istante che è recidivo (cosa difficile, soprattutto se la prima violazione era stata accertata da un altro corpo di polizia);

– si perderebbe la possibilità di fruire dello sconto del 30% pagando la multa entro cinque giorni (perché dal beneficio sono escluse le infrazioni che comportano la sospensione della patente anche per i non recidivi).

Non è chiaro se l’inasprimento riguarderà anche l’importo della multa (oggi di 161 euro), il numero di punti da decurtare (oggi cinque) e la durata del periodo di sospensione.

Quanto al limite minimo di spazio laterale per il sorpasso di ciclisti, è auspicabile che si rifletta sui problemi che la sua applicazione causerebbe.

 

Sicuramente molto ponderata sarà invece la norma sui controlli automatici Rc auto: è dall’autunno 2011 che sono già in vigore alcune regole, più volte modificate perché difficilmente applicabili ma rimaste lettera morta proprio perché ancora problematiche.

 

Da almeno tre anni è chiaro che il problema principale sta nel fatto che, se i controlli automatici partissero nel contesto attuale, non sarebbe prudente spedire direttamente le multe agli intestatari dei veicoli individuati dagli apparecchi di rilevazione. Per due motivi:

– l’individuazione dei veicoli non assicurati viene fatta confrontando il numero di targa letto dall’apparecchio con la banca dati delle polizze, gestita da Motorizzazione e Ania, che non garantisce un aggiornamento in tempo reale;

– il sistema sanzionatorio è complicato, perché l’articolo 193 del Codice della strada prevede che la pesante multa prevista (849 euro) si riduca a un quarto (212,25 euro) se l’assicurazione viene riattivata entro 30 giorni da quando è scaduta o se il proprietario provvede a demolire il veicolo entro 30 giorni dall’accertamento dell’infrazione.

 

Il risultato è che, prima di irrogare la sanzione, bisogna essere sicuri che il veicolo sia effettivamente scoperto da Rc auto. E la sicurezza si ottiene solo inviando al proprietario un invito a mostrare i documenti in un ufficio di polizia, dove vedranno se davvero al momento dell’accertamento il mezzo circolava senza Rc auto e calcoleranno la sanzione che va applicata al caso specifico che verrà riscontrato. Un notevole aggravio di lavoro, per uffici il cui equilibrio è sempre delicato.

Ora il problema del mancato aggiornamento delle banche dati pare risolto. Resta quello delle sanzioni, che dovrebbero essere unificate o comunque rese meno complicate e differenziate dalla norma allo studio del Governo.

 

 

 

 

 

ARTICOLO DI MAURIZIO CAPRINO – SOLE24ORE.COM

 

 

 

 

 

 

Rc auto, è vessatoria la clausola che impone il carrozziere

L’impegno dell’assicurato a far riparare il proprio veicolo da un carrozziere convenzionato (con risarcimento in forma specifica) con la compagnia assicurativa, in cambio di uno sconto sulla polizza, è una clausola vessatoria. Quindi per avere effetto, deve essere dimostrato che è stata negoziata tra compagnia e cliente. Oppure questi deve averla approvata mettendo una firma in corrispondenza di dove la clausola è stampata. Così il Tribunale di Torino, in due recenti sentenze, si è pronunciato su una delle questioni che nell’ultimo decennio, dopo l’entrata in vigore del risarcimento diretto nella Rc auto, hanno reso tesi i rapporti tra alcune grandi assicurazioni e i carrozzieri.

 

Già 15 anni fa le compagnie, per tagliare i costi di liquidazione, hanno incentivato il ricorso a riparatori convenzionati. Con alterne vicende, legate a modifiche normative, interventi dell’Antitrust e sentenze anche della Corte di giustizia europea.

 

La questione non riguarda solo la Rc auto, ma anche le coperture opzionali. Come quella contro gli eventi naturali, oggetto delle due cause decise dalla Terza sezione civile del Tribunale di Torino con le sentenze di appello 1530/2017 (depositata il 22 marzo, giudice Latella) e 657/2017 (depositata il 7 febbraio, giudice Ferrero). Si può parlare di due cause-pilota, perché promosse da due officine che poi nel giudizio sono state seguite dai legali della Federcarrozzieri. E in entrambi i casi i riparatori avevano titolo a far causa perché gli automobilisti danneggiati avevano ceduto loro il credito del risarcimento, altra prassi avversata dalle compagnie per i costi.

 

Secondo i giudici torinesi, la clausola che contiene l’impegno a rivolgersi a una carrozzeria convenzionata, pena l’applicazione di uno scoperto supplementare del 10% e il rifiuto di rinnovo alla scadenza della polizza con tale formula, è una «restrizione alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi». Come tale, rientra fra le clausole vessatorie, che in base agli articoli 1341 e 1342 del Codice civile necessitano di approvazione specifica per iscritto da parte del contraente, considerato parte debole nel contratto.

 

L’assicurazione aveva argomentato il contrario citando una sentenza della Cassazione (la 1317/1998), secondo cui tale clausola «attiene al processo di formazione del contratto e costituisce un patto interno al rapporto concluso tra le parti». Ma il giudice di Torino osserva che quello era un caso diverso: si discuteva di provvigioni per un mediatore.

La compagnia ha citato anche la sentenza 16386/2002, sulle tariffe riconosciute dalle Asl ai laboratori di analisi per prestazioni oltre i limiti fissati, che però non rientrano nei casi citati dall’articolo 1341, comma 2, che è tassativo. Inoltre, in questo caso la Cassazione aveva deciso sui rapporti tra l’azienda pubblica e il laboratorio, non sulle conseguenze per l’assistito.

 

Le sentenze cui il Tribunale invece si rifà sono quelle (come la 5733/2008 e la 26225/2009) che hanno reso «pacifico» che «la sottoscrizione del generico richiamo alle condizioni di assicurazione» è «inidoneo a focalizzare l’attenzione del contraente debole sull’effettiva portata e contenuto delle singole clausole». Tanto più che nel caso di specie la «quietanza di rinnovo» della polizza non riporta la clausola per esteso. Starebbe alla compagnia provare allora che c’è stata trattativa sul punto (articolo 34 del Codice del consumo), ma tale prova non è stata data.

 

Tra le argomentazioni della compagnia veniva citato anche l’articolo 2058 del Codice civile sul risarcimento in forma specifica, ma il Tribunale osserva che la norma lo prevede come facoltativo e non obbligatorio.

 

Entrambe le sentenze sono state portate il 19 aprile da Federcarrozzieri all’Ivass, con la richiesta di sanzionare le compagnie, senza costringere i danneggiati a rivolgersi al giudice. È prevedibile che il confronto con le compagnie tornerà a inasprirsi. Per ora dall’Ania si precisa solo che il sistema della riparazione in forma specifica riguarda un chiaro accordo contrattuale basato sulla libera disponibilità delle parti: l’assicurato si impegna a far riparare il veicolo da un’officina convenzionata con l’assicurazione, la compagnia alla firma del contratto riconosce ogni anno uno sconto e, in caso di incidente, paga direttamente le riparazioni evitando al cliente l’anticipo di tasca propria. L’Ania aggiunge che, se l’assicurato decide di non rispettare la scelta contrattuale e si reca da un riparatore non convenzionato, presenterà le spese sostenute alla compagnia, che le rimborserà in misura coerente rispetto ai danni accertati; la compagnia applicherà una franchigia solo se prevista dal contratto.

DA 15 ANNI Le assicurazioni maggiori applicano tagli ai risarcimenti per chi non aderisce a questa prassi che fa scendere i costi di liquidazione

 

 

 

 

ARTICOLO DI MAURIZIO CAPRINO – SOLE24ORE.COM

 

 

 

 

 

GUIDA AUTONOMA: CONTINUANO LE SPERIMENTAZIONI

La Motorizzazione della California (Department of Motor Vehicles) ha concesso ad Apple il permesso di effettuare test per la guida autonoma nello stato della California. A fronte di un progetto top secret da anni, si tratta della prima prova di investimenti nell’ambito dell’automotive da parte dell’azienda di Cupertino.

 

Insieme ad Apple, secondo Business Insider, il permesso è esteso a tre auto, delle Lexus RX, e a sei guidatori. E’ Project Titan il misterioso progetto di auto autonoma di cui ormai si favoleggia da tempo per la società della mela morsicata che avrebbe già investito nel settore impiegando circa mille ingegneri, salvo un successivo ridimensionamento, stando alle voci diffuse nel settembre scorso. L’ipotesi più concreta fa pensare che semplicemente Apple potrebbe avere rinunciato a produrre una auto propria, per concentrarsi sul sofwtare da rivendere alle case automobilistiche.

 

Il settore dedicato di Cupertino guidato da Bob Mansfield, già protagonista dietro le quinte di prodotti di successo come MacBook Air, iMac e iPad. Mansfield è arrivato in Apple nel 1999 ed è stato una delle figure più importanti su cui Steve Jobs sapeva di poter contare. Ha lasciato il gruppo nel 2013 per lavorare come consulente, poi è stato richiamato da Cupertino.

 

Ma Apple non è l’unica azienda interessata al futuro della guida autonoma: Google, Tesla e Bmw, tra le altre, hanno già investito nel campo.

 

 

 

 

fonte: repubblica.it

 

 

Sostituzione autocaravan: codice tributo per il credito d’imposta

Con la Risoluzione 48/E del 10.04.2017, l’Amministrazione Finanziaria ha istituito il codice tributo per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta concesso per la sostituzione, mediante demolizione, degli autocaravan – articolo 1, commi 85 e 86, legge 28 dicembre 2015, n. 208.

 

Per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in parola tramite il modello F24, è istituito il seguente codice tributo:

 

“6875” denominato “Credito d’imposta – Incentivi fiscali alla sostituzione, mediante demolizione, degli autocaravan – articolo 1, commi 85 e 86, legge 28 dicembre 2015, n. 208”. In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”.

 

 

 

 

L’AUTOVELOX VA SEGNALATO ENTRO 4 CHILOMETRI

La multa da autovelox è legittima solo se l’apparecchio è posizionato a meno di 4 chilometri dal cartello che ne segnala l’esistenza. Lo ricorda la Cassazione, con la sentenza n. 7949/2017, sottolineando che «i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, il relazione alla velocità locale predominante».

 

I giudici precisano che la distanza deve essere valutata caso per caso in base allo stato dei luoghi ma che comunque tra l’autovelox e il segnale che lo annuncia non dev’esserci una distanza superiore a 4 chilometri.

 

Non è, invece, stabilita una distanza minima. Secondo il ricorrente, che si era rivolto al Tribunale di Bolzano contro il Comune di Renon, la segnalazione posta a una distanza di 1.250 metri dal luogo del rilevamento è un «preavviso inadatto per gli utenti della strada». Questa distanza è invece stata ritenuta «congrua» dal Tribunale.

 

La Cassazione specifica anche che il cartello relativo autovelox può non essere ripetuto dopo gli incroci per gli automobilisti che proseguono lungo la stessa strada.

 

Nella sentenza i giudici chiariscono inoltre che non è necessario, ai fini della sua validità, che il verbale contenga tra le informazioni anche quella sulla presenza del cartello di segnalazione dell’autovelox.

 

 

 

 

 

fonte: sole24ore.com  articolo di Francesca Milano

 

 

PEUGEOT COMPRA OPEL E DIVENTA IL SECONDO GRUPPO EUROPEO DELL’AUTO

Peugeot acquisterà il 100% di Opel da General Motors per circa 1,8 miliardi di euro, di cui 1,32 miliardi per l’azienda automobilistica e 450 milioni per il 50% di Opel bank; il restante 50% della banca verrà rilevato da Bnp Paribas, portando il valore complessivo dell’operazione a circa 2,2 miliardi. L’operazione, che darà vita al numero due del settore auto in Europa dopo Volkswagen, è stata presentata in una conferenza stampa a Parigi da Carlos Tavares, presidente e amministratore delegato di Peugeot, e Mary Barra, numero uno di General Motors. Il completamento dell’operazione è previsto entro la fine del 2017 e richiederà l’approvazione dei sindacati e delle varie autorità antitrust.

 

Peugeot conta di ottenere dall’acquisto di Opel sinergie per 1,7 miliardi di euro l’anno a regime (entro il 2026) di cui 1,1 miliardi entro il 2020; il costo delle misure di ristrutturazione è stimato in 1,6 miliardi. L’obiettivo di redditività di Opel è di raggiungere un margine operativo del 2% sulle vendite del 2% entro il 2020 e del 6% al 2026. Tavares ha ancora una volta rassicurato sul fatto che “verranno rispettati tutti gli impegni presi da Opel sui posti di lavoro” e che “l’ottenimento di queste sinergie non è legato a tagli agli organici”. Ha però lasciato chiaramente intendere che a medio-lungo termine “il futuro di Opel dipenderà dalla sua competitività”.

 

 

Il centro di ricerca sui motori diesel che General Motors ha a Torino resterà nel gruppo americano e non verrà ceduto a Peugeot. Lo ha detto Dan Ammann, numero due del gruppo americano. “Il centro di Torino svilupperà i diesel per le attività di Gm su scala globale – spiega Ammann – e continuerà a lavorare anche per Opel e Vauxhall con dei contratti di fornitura”. Nel centro torinese, nato dopo il “divorzio” tra Gm e Fiat nel 2005, lavorano circa 600 ingegneri; alcuni dei motori diesel sviluppati nel capoluogo piemontese vengono utilizzati anche su vetture vendute negli Usa, come la Chevrolet Cruze diesel lanciata quest’anno.

 

L’annuncio dell’operazione Peugeot-Opel arriva alla vigilia dell’apertura del Salone dell’Auto di Ginevra, una collocazione appropriata per la più grande operazione di M&A infra-europea nel settore auto dai tempi di Bmw-Rover (1994). Carlos Tavares, il 58enne numero uno di Peugeot, potrà avviare da lunedì la sfida più importante della sua carriera, dopo il risanamento lampo che in tre anni gli ha permesso di riportare Peugeot da un rosso miliardario a un utile netto di oltre 2 miliardi di euro, con un margine del 6% sulle vendite. Peugeot-Opel avrà 28 stabilimenti nel Vecchio continente (di cui 15 di assemblaggio) e un totale di circa 125mila dipendenti nel solo settore auto europeo (210mila comprendendo anche le attività extraeuropee di Peugeot e la sua controllata Faurecia, attiva nel settore componenti). I due gruppi sommati hanno venduto nel 2016 4,3 milioni di veicoli a livello mondiale, di cui 3,1 in Europa dove hanno avuto una quota di mercato complessiva nelle auto del 16,6%, oltre a un’ottima posizione nei veicoli commerciali.

 

 

articolo originale: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-03-04/peugeot-gm-secondo-gruppo-europeo-220031.shtml?uuid=AE5VX2h

 

 

 

 

 

 

MERCATO DELL’AUTO: A FEBBRAIO +6,2%

Nonostante un giorno lavorativo in meno ed il confronto con un già robusto febbraio 2016 che aveva marcato un +27,9% rispetto all’anno precedente, continua la crescita del mercato italiano. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, il secondo mese dell’anno si chiude con un immatricolato di 183.777 auto, in aumento del 6,2% rispetto alle 173.098 unità dello stesso mese dello scorso anno, con 10.000 immatricolazioni in più.

Il 1° bimestre mantiene, quindi, uno segno positivo con una crescita dell’8,1% e 355.656 auto vendute rispetto alle 328.949 del gennaio-febbraio 2016, che a sua volta aveva già evidenziato un incremento del 23%.

Tra i canali di vendita, crescono le immatricolazioni a società (+43,9%) e il noleggio (+6,3%) mentre il canale dei privati, nonostante il ritorno ad imponenti azioni di sostegno da parte delle Case con le loro Reti, come quelle che avevano già caratterizzato il 1° quadrimestre dello scorso anno e che già avevano sostenuto la performance dello scorso mese di gennaio, registra in febbraio un leggero rallentamento (-2,5%), frutto anche del confronto con lo stesso periodo del 2016, in cui gli acquisti delle famiglie erano cresciuti di oltre il 38%.

Sul fronte delle alimentazioni, in crescita del 5,7% e del 4,9% le immatricolazioni nel mese dei carburanti tradizionali, rispettivamente diesel e benzina. Prosegue il forte calo del metano, che riduce del 45,3% i suoi volumi e si porta ad una rappresentatività di appena l’1,4% del totale, mentre segnano un’ottima crescita, come in gennaio, le vendite di auto a Gpl (+23%), grazie al confronto con periodi di forti flessioni e alla commercializzazione di nuovi modelli con questa alimentazione, giungendo a rappresentare in febbraio il 6,3% del totale mercato. Sempre ottima, infine, la performance delle vetture ibride: +49,2% in volume, sfiorando il 3% di quota e confermando anche questo mese il sorpasso sulle vendite di auto a metano.

Una buona crescita in febbraio caratterizza tutti i segmenti che compongono il mercato dell’auto, ad eccezione dell’alto di gamma che flette del 3,7% e delle utilitarie che si fermano ad un +1,4%. Inarrestabile, sul fronte delle carrozzerie, l’incremento dei crossover (+24,2% in febbraio e al 20,4% di quota), mentre rallentano i monovolume, le station wagon e le sportive.

Forte crescita, infine, delle immatricolazioni nel Nord Ovest del Paese (+15,7%), mentre registrano una leggera positività tutte le altre aree.

 

 

 

 

LE AUTOMOBILI CON PIU’ EMISSIONI

Fiat 500X, Jeep Renegade, Renault Captur. Fino a un anno fa si sarebbe scritto solo che sono tre modelli fra i più graditi dal pubblico europeo, che impazzisce per le crossover. Oggi sappiamo che sono anche i tre principali modelli sotto accusa dopo il dieselgate. Solo coincidenze? O, magari, questi modelli sono finiti sulla graticola proprio per il loro successo, che li rende bersagli importanti? O, ancora, le loro emissioni sono alte perché nelle crossover sono più alti peso e carrozzeria, per cui i motori – relativamente piccoli – sono più sotto sforzo?

 

Al momento, è difficile trovare una risposta certa e definitiva: le accuse derivano soprattutto da test eseguiti su strada dalle autorità tedesche e francesi in condizioni non del tutto comparabili e su versioni con meccanica a volte diversa. E i risultati di queste prove sono stati resi pubblici in gran parte, ma non ancora completamente. Senza contare che i richiami palesi od occulti che ci sono stati nel corso dell’ultimo anno possono aver cambiato le cose sugli esemplari che si acquistano nuovi oggi. Però qualche indicazione possiamo trarla ugualmente da questi test, perché certe tendenze paiono concordanti e in linea anche con gli esiti (ancora incompleti) delle prove eseguite dalle autorità italiane. Dunque, un minimo di uniformità si può trovare persino fra i tre Paesi al centro delle polemiche.

In effetti, la 500X è la vettura Euro 6 che emette più Nox (ossidi di azoto, al centro del dieselgate) fra le 47 provate in Francia (unico dei tre Paesi ad aver finora ha reso pubblici i dati rilevati su questo modello), sforando quota 1.300 mg/km (contro gli 80 di legge e i 400 ritenuti ragionevoli in una prova fatta su strada e con velocità e accelerazioni superiori rispetto ai test di laboratorio condotti in sede di omologazione finora). E la Captur è terza con circa 900 (diventa quarta se consideriamo le rilevazioni eseguite sulla Renault Kadjar in Germania). Ma bisogna stare attenti alle versioni cui si riferiscono i risultati.

 

La 500X provata dai francesi ha il motore 2 litri, quindi è poco diffusa in Italia e deve sopportare anche il fardello della trazione integrale. La Captur è la 1.5 da 90 cavalli, mentre nella versione di pari cilindrata con 110 cavalli emette un po’ meno NOx (anche se in classifica si trova appena due posizioni più dietro).

 

Tra i modelli che emettono di più, troviamo altre crossover: quelle Nissan-Renault (Kadjar e Qashqai) e la Opel Mokka (1.6 110 cavalli). Si segnalano poi monovolume come Ford C-Max, Opel Zafira, Peugeot 5008 e Renault Espace. Quest’ultima è stata provata col motore 1.6 biturbo da 160 cavalli, uno dei più celebrati esempi di downsizing, che da dimostrato di emettere tanti NOx anche sulla grossa berlina Talisman.

 

Evidentemente si conferma che nei test su strada il peso e l’altezza richiedono ai motori sforzi ben maggiori rispetto ai precedenti test di omologazione (fatti in laboratorio e con cicli di tutto riposo per i motori). E le differenze si vedono di più proprio sui modelli dove peso e altezza sono relativamente maggiori.

 

Certo, ci sono eccezioni. Si sono viste vetture alte come Citroen C4 Picasso e Peugeot 3008 stare nei limiti di accettabilità di 400 mg/km. E una berlina bassa e filante come la Giulietta dell’Alfa ha invece sfiorato quota 800, ma in versione 2.0 175 cavalli con cambio Tct (ben poco diffusa in Italia).

 

Molto dipende anche dai dispositivi di trattamento dei gas di scarico. Infatti, mastodonti come Audi Q7 e Mercedes S350 restano sui 200 mg/km a dispetto del peso (e per l’Audi anche dell’altezza). Oltre al ricircolo dei gas di scarico (Egr, che hanno tutte), adottano il sofisticato e costoso catalizzatore selettivo Scr, che utilizza iniezioni di urea.

 

Le Ford Kuga e Mondeo in Francia sono state provate con motori 2 litri (rispettivamente da 120 e 150 cavalli) che riuniscono tutti i possibili sistemi: Egr, Scr e trappola NOx (che su molti modelli di altre case è abbinata al solo Egr).

 

Va comunque ricordato che quest’analisi si è limitata alle sole Euro 6. Cioè ai modelli acquistabili nuovi (di Euro 5 resta negli autosaloni solo qualche raro fondo di magazzino).

 

 

 

 

 

 

 

 

articolo di Maurizio Caprino – sole24ore.com

 

 

 

 

 

 

 

RICAMBI AUTO FALSI: CRESCE IL MERCATO ONLINE

Più di 1,6 milioni di sequestri solo tra il 2014 e i primi mesi del 2016. Un mercato del falso che – stimano i componentisti tedeschi – solo online cresce del 10% l’anno. Pastiglie e dischi freni (per auto e moto), cinghie, tenditori e pompe acqua, fari, fanali e luci targa, pistoni, cuscinetti motore, alternatori, motorini d’avviamento. Sino a candele, candelette, spazzole tergicristallo e persino testine sterzo, frizioni, copriruota e loghi.

Sono meno pret a porter di scarpe, borse e valigie, ma è un giro d’affari che cresce a vista d’occhio, nei volumi e nei valori quello dei ricambi d’auto contraffatti, falsi che nella maggior parte (e peggiore) delle ipotesi, non hanno mai superato un controllo qualità o di conformità rispetto agli standard di sicurezza. E che rischiano di essere la causa (non sempre facile da provare) di molti incidenti stradali. Appena una settimana fa, il maxi-sequestro in Piemonte, per un valore di 6 milioni di euro.

 

Secondo i dati Siac della Guardia di Finanzia, forniti da Anfia –l’Associazione dei produttori della componentistica auto – tra il 2014 e il marzo 2016 sono stati oltre 1,6 milioni i pezzi sequestrati tra parti meccaniche, accessori e dispositivi elettrici per auto, moto e bici. Puglia (circa 773mila pezzi) e Lombardia (607mila) le regioni che guidano la classifica delle confische. Seguite da Veneto (oltre 91.400) e Sicilia (circa 37mila).

Tante opportunità di vendita legale – ma anche una sponda alla contraffazione – l’ha data il web. Su eBay si vendono, ogni ora, 203 pezzi di ricambio auto, 78 accessori, 17 pneumatici e 10 sistemi antifurto con “sconti” medi del 20 per cento.

 

«In rete – spiega a Paolo Vasone, responsabile Aftermarket di Anfia – si possono trovare pezzi originali e ricambi generici anche di ottima qualità. Ma è pieno di imitazioni degli originali difficili da distinguere, prodotti non omologati, senza certificazioni di qualità dei materiali e di sicurezza, altri con certificazioni ma fasulle e false etichette Ce, sino a prodotti palesemente contraffatti e venduti in confezioni che imitano alla perfezione il packaging delle grandi case produttrici, per ingannare l’acquirente in buona fede. Prezzi troppo bassi dovrebbero allarmare. Ma la crisi ha accentuato le esigenze di risparmio e il “fai da te”». Prodotti che non arrivano solo dalla Cina, ma anche da Vietnam, Thailandia e Filippine. E spesso transitano dagli Emirati .

 

 

L’anno scorso, è scesa in campo anche Asconauto (l’associazione dei consorzi dei concessionari d’auto): «Da un lato – ha sottolineato il vicepresidente Giorgio Boiani – nel 2016, l’opera di sensibilizzazione avviata tra i nostri autoriparatori ha fatto registrare una vendita di ricambi originali superiore del 12% sul 2015 e pari a oltre 500 milioni di euro di originali fatturati. Dall’altro, stiamo lavorando insieme ad Anfia e al ministero dello Sviluppo economico per studiare strategie di contrasto». Come un sistema di monitoraggio delle violazioni online su contraffazione di brand.

In Italia (che con la Germania ha il mercato del falso più fiorente), il traffico dei ricambi non omologati e privi del marchio Ce vale 120 milioni di euro, pari al 15% di tutti i ricambi venduti ogni anno in Ue. Mentre da un’indagine della Polstrada, su 10mila vetture controllate, circa il 3% è risultato avere pneumatici falsificati. Tra i pezzi più contraffatti , i dischi dei freni (18%), seguiti dalla tiranteria sterzo (17%), le pastiglie dei freni (16%), i ricambi del motore (16%), i filtri (4%) e le pompe dell’olio (4%).

 

 

 

 

Articolo di Laura Cavestri – sole24ore.com

 

 

 

 

 

 

 

 

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