Sostituzione autocaravan: codice tributo per il credito d’imposta

Con la Risoluzione 48/E del 10.04.2017, l’Amministrazione Finanziaria ha istituito il codice tributo per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta concesso per la sostituzione, mediante demolizione, degli autocaravan – articolo 1, commi 85 e 86, legge 28 dicembre 2015, n. 208.

 

Per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in parola tramite il modello F24, è istituito il seguente codice tributo:

 

“6875” denominato “Credito d’imposta – Incentivi fiscali alla sostituzione, mediante demolizione, degli autocaravan – articolo 1, commi 85 e 86, legge 28 dicembre 2015, n. 208”. In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”.

 

 

 

 

L’AUTOVELOX VA SEGNALATO ENTRO 4 CHILOMETRI

La multa da autovelox è legittima solo se l’apparecchio è posizionato a meno di 4 chilometri dal cartello che ne segnala l’esistenza. Lo ricorda la Cassazione, con la sentenza n. 7949/2017, sottolineando che «i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, il relazione alla velocità locale predominante».

 

I giudici precisano che la distanza deve essere valutata caso per caso in base allo stato dei luoghi ma che comunque tra l’autovelox e il segnale che lo annuncia non dev’esserci una distanza superiore a 4 chilometri.

 

Non è, invece, stabilita una distanza minima. Secondo il ricorrente, che si era rivolto al Tribunale di Bolzano contro il Comune di Renon, la segnalazione posta a una distanza di 1.250 metri dal luogo del rilevamento è un «preavviso inadatto per gli utenti della strada». Questa distanza è invece stata ritenuta «congrua» dal Tribunale.

 

La Cassazione specifica anche che il cartello relativo autovelox può non essere ripetuto dopo gli incroci per gli automobilisti che proseguono lungo la stessa strada.

 

Nella sentenza i giudici chiariscono inoltre che non è necessario, ai fini della sua validità, che il verbale contenga tra le informazioni anche quella sulla presenza del cartello di segnalazione dell’autovelox.

 

 

 

 

 

fonte: sole24ore.com  articolo di Francesca Milano

 

 

PEUGEOT COMPRA OPEL E DIVENTA IL SECONDO GRUPPO EUROPEO DELL’AUTO

Peugeot acquisterà il 100% di Opel da General Motors per circa 1,8 miliardi di euro, di cui 1,32 miliardi per l’azienda automobilistica e 450 milioni per il 50% di Opel bank; il restante 50% della banca verrà rilevato da Bnp Paribas, portando il valore complessivo dell’operazione a circa 2,2 miliardi. L’operazione, che darà vita al numero due del settore auto in Europa dopo Volkswagen, è stata presentata in una conferenza stampa a Parigi da Carlos Tavares, presidente e amministratore delegato di Peugeot, e Mary Barra, numero uno di General Motors. Il completamento dell’operazione è previsto entro la fine del 2017 e richiederà l’approvazione dei sindacati e delle varie autorità antitrust.

 

Peugeot conta di ottenere dall’acquisto di Opel sinergie per 1,7 miliardi di euro l’anno a regime (entro il 2026) di cui 1,1 miliardi entro il 2020; il costo delle misure di ristrutturazione è stimato in 1,6 miliardi. L’obiettivo di redditività di Opel è di raggiungere un margine operativo del 2% sulle vendite del 2% entro il 2020 e del 6% al 2026. Tavares ha ancora una volta rassicurato sul fatto che “verranno rispettati tutti gli impegni presi da Opel sui posti di lavoro” e che “l’ottenimento di queste sinergie non è legato a tagli agli organici”. Ha però lasciato chiaramente intendere che a medio-lungo termine “il futuro di Opel dipenderà dalla sua competitività”.

 

 

Il centro di ricerca sui motori diesel che General Motors ha a Torino resterà nel gruppo americano e non verrà ceduto a Peugeot. Lo ha detto Dan Ammann, numero due del gruppo americano. “Il centro di Torino svilupperà i diesel per le attività di Gm su scala globale – spiega Ammann – e continuerà a lavorare anche per Opel e Vauxhall con dei contratti di fornitura”. Nel centro torinese, nato dopo il “divorzio” tra Gm e Fiat nel 2005, lavorano circa 600 ingegneri; alcuni dei motori diesel sviluppati nel capoluogo piemontese vengono utilizzati anche su vetture vendute negli Usa, come la Chevrolet Cruze diesel lanciata quest’anno.

 

L’annuncio dell’operazione Peugeot-Opel arriva alla vigilia dell’apertura del Salone dell’Auto di Ginevra, una collocazione appropriata per la più grande operazione di M&A infra-europea nel settore auto dai tempi di Bmw-Rover (1994). Carlos Tavares, il 58enne numero uno di Peugeot, potrà avviare da lunedì la sfida più importante della sua carriera, dopo il risanamento lampo che in tre anni gli ha permesso di riportare Peugeot da un rosso miliardario a un utile netto di oltre 2 miliardi di euro, con un margine del 6% sulle vendite. Peugeot-Opel avrà 28 stabilimenti nel Vecchio continente (di cui 15 di assemblaggio) e un totale di circa 125mila dipendenti nel solo settore auto europeo (210mila comprendendo anche le attività extraeuropee di Peugeot e la sua controllata Faurecia, attiva nel settore componenti). I due gruppi sommati hanno venduto nel 2016 4,3 milioni di veicoli a livello mondiale, di cui 3,1 in Europa dove hanno avuto una quota di mercato complessiva nelle auto del 16,6%, oltre a un’ottima posizione nei veicoli commerciali.

 

 

articolo originale: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-03-04/peugeot-gm-secondo-gruppo-europeo-220031.shtml?uuid=AE5VX2h

 

 

 

 

 

 

MERCATO DELL’AUTO: A FEBBRAIO +6,2%

Nonostante un giorno lavorativo in meno ed il confronto con un già robusto febbraio 2016 che aveva marcato un +27,9% rispetto all’anno precedente, continua la crescita del mercato italiano. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, il secondo mese dell’anno si chiude con un immatricolato di 183.777 auto, in aumento del 6,2% rispetto alle 173.098 unità dello stesso mese dello scorso anno, con 10.000 immatricolazioni in più.

Il 1° bimestre mantiene, quindi, uno segno positivo con una crescita dell’8,1% e 355.656 auto vendute rispetto alle 328.949 del gennaio-febbraio 2016, che a sua volta aveva già evidenziato un incremento del 23%.

Tra i canali di vendita, crescono le immatricolazioni a società (+43,9%) e il noleggio (+6,3%) mentre il canale dei privati, nonostante il ritorno ad imponenti azioni di sostegno da parte delle Case con le loro Reti, come quelle che avevano già caratterizzato il 1° quadrimestre dello scorso anno e che già avevano sostenuto la performance dello scorso mese di gennaio, registra in febbraio un leggero rallentamento (-2,5%), frutto anche del confronto con lo stesso periodo del 2016, in cui gli acquisti delle famiglie erano cresciuti di oltre il 38%.

Sul fronte delle alimentazioni, in crescita del 5,7% e del 4,9% le immatricolazioni nel mese dei carburanti tradizionali, rispettivamente diesel e benzina. Prosegue il forte calo del metano, che riduce del 45,3% i suoi volumi e si porta ad una rappresentatività di appena l’1,4% del totale, mentre segnano un’ottima crescita, come in gennaio, le vendite di auto a Gpl (+23%), grazie al confronto con periodi di forti flessioni e alla commercializzazione di nuovi modelli con questa alimentazione, giungendo a rappresentare in febbraio il 6,3% del totale mercato. Sempre ottima, infine, la performance delle vetture ibride: +49,2% in volume, sfiorando il 3% di quota e confermando anche questo mese il sorpasso sulle vendite di auto a metano.

Una buona crescita in febbraio caratterizza tutti i segmenti che compongono il mercato dell’auto, ad eccezione dell’alto di gamma che flette del 3,7% e delle utilitarie che si fermano ad un +1,4%. Inarrestabile, sul fronte delle carrozzerie, l’incremento dei crossover (+24,2% in febbraio e al 20,4% di quota), mentre rallentano i monovolume, le station wagon e le sportive.

Forte crescita, infine, delle immatricolazioni nel Nord Ovest del Paese (+15,7%), mentre registrano una leggera positività tutte le altre aree.

 

 

 

 

LE AUTOMOBILI CON PIU’ EMISSIONI

Fiat 500X, Jeep Renegade, Renault Captur. Fino a un anno fa si sarebbe scritto solo che sono tre modelli fra i più graditi dal pubblico europeo, che impazzisce per le crossover. Oggi sappiamo che sono anche i tre principali modelli sotto accusa dopo il dieselgate. Solo coincidenze? O, magari, questi modelli sono finiti sulla graticola proprio per il loro successo, che li rende bersagli importanti? O, ancora, le loro emissioni sono alte perché nelle crossover sono più alti peso e carrozzeria, per cui i motori – relativamente piccoli – sono più sotto sforzo?

 

Al momento, è difficile trovare una risposta certa e definitiva: le accuse derivano soprattutto da test eseguiti su strada dalle autorità tedesche e francesi in condizioni non del tutto comparabili e su versioni con meccanica a volte diversa. E i risultati di queste prove sono stati resi pubblici in gran parte, ma non ancora completamente. Senza contare che i richiami palesi od occulti che ci sono stati nel corso dell’ultimo anno possono aver cambiato le cose sugli esemplari che si acquistano nuovi oggi. Però qualche indicazione possiamo trarla ugualmente da questi test, perché certe tendenze paiono concordanti e in linea anche con gli esiti (ancora incompleti) delle prove eseguite dalle autorità italiane. Dunque, un minimo di uniformità si può trovare persino fra i tre Paesi al centro delle polemiche.

In effetti, la 500X è la vettura Euro 6 che emette più Nox (ossidi di azoto, al centro del dieselgate) fra le 47 provate in Francia (unico dei tre Paesi ad aver finora ha reso pubblici i dati rilevati su questo modello), sforando quota 1.300 mg/km (contro gli 80 di legge e i 400 ritenuti ragionevoli in una prova fatta su strada e con velocità e accelerazioni superiori rispetto ai test di laboratorio condotti in sede di omologazione finora). E la Captur è terza con circa 900 (diventa quarta se consideriamo le rilevazioni eseguite sulla Renault Kadjar in Germania). Ma bisogna stare attenti alle versioni cui si riferiscono i risultati.

 

La 500X provata dai francesi ha il motore 2 litri, quindi è poco diffusa in Italia e deve sopportare anche il fardello della trazione integrale. La Captur è la 1.5 da 90 cavalli, mentre nella versione di pari cilindrata con 110 cavalli emette un po’ meno NOx (anche se in classifica si trova appena due posizioni più dietro).

 

Tra i modelli che emettono di più, troviamo altre crossover: quelle Nissan-Renault (Kadjar e Qashqai) e la Opel Mokka (1.6 110 cavalli). Si segnalano poi monovolume come Ford C-Max, Opel Zafira, Peugeot 5008 e Renault Espace. Quest’ultima è stata provata col motore 1.6 biturbo da 160 cavalli, uno dei più celebrati esempi di downsizing, che da dimostrato di emettere tanti NOx anche sulla grossa berlina Talisman.

 

Evidentemente si conferma che nei test su strada il peso e l’altezza richiedono ai motori sforzi ben maggiori rispetto ai precedenti test di omologazione (fatti in laboratorio e con cicli di tutto riposo per i motori). E le differenze si vedono di più proprio sui modelli dove peso e altezza sono relativamente maggiori.

 

Certo, ci sono eccezioni. Si sono viste vetture alte come Citroen C4 Picasso e Peugeot 3008 stare nei limiti di accettabilità di 400 mg/km. E una berlina bassa e filante come la Giulietta dell’Alfa ha invece sfiorato quota 800, ma in versione 2.0 175 cavalli con cambio Tct (ben poco diffusa in Italia).

 

Molto dipende anche dai dispositivi di trattamento dei gas di scarico. Infatti, mastodonti come Audi Q7 e Mercedes S350 restano sui 200 mg/km a dispetto del peso (e per l’Audi anche dell’altezza). Oltre al ricircolo dei gas di scarico (Egr, che hanno tutte), adottano il sofisticato e costoso catalizzatore selettivo Scr, che utilizza iniezioni di urea.

 

Le Ford Kuga e Mondeo in Francia sono state provate con motori 2 litri (rispettivamente da 120 e 150 cavalli) che riuniscono tutti i possibili sistemi: Egr, Scr e trappola NOx (che su molti modelli di altre case è abbinata al solo Egr).

 

Va comunque ricordato che quest’analisi si è limitata alle sole Euro 6. Cioè ai modelli acquistabili nuovi (di Euro 5 resta negli autosaloni solo qualche raro fondo di magazzino).

 

 

 

 

 

 

 

 

articolo di Maurizio Caprino – sole24ore.com

 

 

 

 

 

 

 

RICAMBI AUTO FALSI: CRESCE IL MERCATO ONLINE

Più di 1,6 milioni di sequestri solo tra il 2014 e i primi mesi del 2016. Un mercato del falso che – stimano i componentisti tedeschi – solo online cresce del 10% l’anno. Pastiglie e dischi freni (per auto e moto), cinghie, tenditori e pompe acqua, fari, fanali e luci targa, pistoni, cuscinetti motore, alternatori, motorini d’avviamento. Sino a candele, candelette, spazzole tergicristallo e persino testine sterzo, frizioni, copriruota e loghi.

Sono meno pret a porter di scarpe, borse e valigie, ma è un giro d’affari che cresce a vista d’occhio, nei volumi e nei valori quello dei ricambi d’auto contraffatti, falsi che nella maggior parte (e peggiore) delle ipotesi, non hanno mai superato un controllo qualità o di conformità rispetto agli standard di sicurezza. E che rischiano di essere la causa (non sempre facile da provare) di molti incidenti stradali. Appena una settimana fa, il maxi-sequestro in Piemonte, per un valore di 6 milioni di euro.

 

Secondo i dati Siac della Guardia di Finanzia, forniti da Anfia –l’Associazione dei produttori della componentistica auto – tra il 2014 e il marzo 2016 sono stati oltre 1,6 milioni i pezzi sequestrati tra parti meccaniche, accessori e dispositivi elettrici per auto, moto e bici. Puglia (circa 773mila pezzi) e Lombardia (607mila) le regioni che guidano la classifica delle confische. Seguite da Veneto (oltre 91.400) e Sicilia (circa 37mila).

Tante opportunità di vendita legale – ma anche una sponda alla contraffazione – l’ha data il web. Su eBay si vendono, ogni ora, 203 pezzi di ricambio auto, 78 accessori, 17 pneumatici e 10 sistemi antifurto con “sconti” medi del 20 per cento.

 

«In rete – spiega a Paolo Vasone, responsabile Aftermarket di Anfia – si possono trovare pezzi originali e ricambi generici anche di ottima qualità. Ma è pieno di imitazioni degli originali difficili da distinguere, prodotti non omologati, senza certificazioni di qualità dei materiali e di sicurezza, altri con certificazioni ma fasulle e false etichette Ce, sino a prodotti palesemente contraffatti e venduti in confezioni che imitano alla perfezione il packaging delle grandi case produttrici, per ingannare l’acquirente in buona fede. Prezzi troppo bassi dovrebbero allarmare. Ma la crisi ha accentuato le esigenze di risparmio e il “fai da te”». Prodotti che non arrivano solo dalla Cina, ma anche da Vietnam, Thailandia e Filippine. E spesso transitano dagli Emirati .

 

 

L’anno scorso, è scesa in campo anche Asconauto (l’associazione dei consorzi dei concessionari d’auto): «Da un lato – ha sottolineato il vicepresidente Giorgio Boiani – nel 2016, l’opera di sensibilizzazione avviata tra i nostri autoriparatori ha fatto registrare una vendita di ricambi originali superiore del 12% sul 2015 e pari a oltre 500 milioni di euro di originali fatturati. Dall’altro, stiamo lavorando insieme ad Anfia e al ministero dello Sviluppo economico per studiare strategie di contrasto». Come un sistema di monitoraggio delle violazioni online su contraffazione di brand.

In Italia (che con la Germania ha il mercato del falso più fiorente), il traffico dei ricambi non omologati e privi del marchio Ce vale 120 milioni di euro, pari al 15% di tutti i ricambi venduti ogni anno in Ue. Mentre da un’indagine della Polstrada, su 10mila vetture controllate, circa il 3% è risultato avere pneumatici falsificati. Tra i pezzi più contraffatti , i dischi dei freni (18%), seguiti dalla tiranteria sterzo (17%), le pastiglie dei freni (16%), i ricambi del motore (16%), i filtri (4%) e le pompe dell’olio (4%).

 

 

 

 

Articolo di Laura Cavestri – sole24ore.com

 

 

 

 

 

 

 

 

CGIA: ARRIVANO NEVE E GHIACCIO E SEMPRE PIU’ AUTO NON SONO CATENABILI

Con l’obbligo di avere in dotazione gomme invernali o catene a bordo per tutto il periodo invernale, si affaccia un nuovo problema per gli automobilisti:  l’uso delle catene sui mezzi che risultano “non catenabili”. A darne notizia è la CGIA di Mestre.

 

Da qualche anno, infatti, i costruttori di auto inseriscono negli appositi libretti di manutenzione ed utilizzo l’incompatibilità delle catene con tutte o molte misure di gomme. In questo ultimo ventennio è sempre più usuale per le case costruttrici  aumentare le dimensioni degli pneumatici in dotazione ai mezzi.

 

In primis una questione di sicurezza: quando le case madri dei veicoli indicano incompatibilità, queste derivano da test di omologazione che hanno dimostrato come con pneumatici di maggiori dimensioni le catene possono interferire in modo pericoloso con sospensioni, tubazioni e/o parti meccaniche, danneggiandole e rischiando di provocare incidenti.

 

“È un problema – segnala Roberto Bottan Presidente degli artigiani di Mestre – che si può presentare anche se l’automobile è dotata di pneumatici invernali. In presenza di forti pendenze, come ad esempio nei sottopassi o nelle cavalcavie, il pneumatico invernale può non bastare ed occorre utilizzare le catene per togliersi da situazioni di forte disagio. D’altronde lo si è visto anche nell’ultima nevicata che ha interessato la Terraferma nei giorni scorsi; anche pochi centimetri di neve hanno causato  gravi problemi alla viabilità”.

 

L’incompatibilità a volte può essere risolta con l’utilizzo dei cosiddetti “ragni” o con l’installazione delle catene con maglie di piccole dimensioni, sempre più spesso, tuttavia, il costruttore sembra mettere un veto assoluto all’utilizzo di qualsiasi dispositivo, anche di quelli appena citati.

 

D’altronde, le indicazioni e le raccomandazioni della casa costruttrici riguardo alle catene hanno un valore formale e chi non le rispetta contravverrebbe addirittura all’obbligo di circolare con un veicolo cui sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione con quello che ne consegue (ritiro della carta di circolazione e multa di oltre 400 euro…).

 

“I maggiori problemi – conclude Bottan – potrebbero insorgere in caso di incidenti stradali: gli organi competenti e anche le assicurazioni potrebbero rivalersi per un utilizzo improprio del veicolo”.

 

A differenza delle catene tradizionali, le cosiddette catene a ragno non hanno alcun sistema di fissaggio sul lato interno della ruota. Questo significa che sono più facili da montare e possono essere utilizzate anche su vetture normalmente non catenabili. In quanto lasciano del tutto libera la parte interna della ruota, che è quella più problematica. Visto che sono molte le tratte stradali in cui è obbligatorio montare pneumatici invernali o avere con se le catene da neve, è  importante quindi prima di procede ad eventuali acquisti chiarirsi bene le idee su tutte le varie soluzioni al proprio mezzo e nel dubbio consultare il proprio gommista o autoriparatore di fiducia.

 

Mestre 18 gennaio 2017

 

 

 

AUTOSTRADE PIU’ CARE DA GENNAIO

Dal 1° di gennaio sono aumentati i pedaggi autostradali, così come consente il decreto ministeriale che li distribuisce e li quantifica in base al livello degli investimenti effettuati dai singoli concessionari e ad altri parametri. Così, se l’aumento medio complessivo è dello 0,77%, in molte tratte diventa molto più consistente.

 

Il maggior incremento spetta alla  Brebemi che collega Milano con Brescia e segna un +7,88%, anche se ai possessori di Telepass Family o Business viene confermato lo sconto del 15%. A seguire c’è la Satap, la Torino-Milano con un aumento del 4,60%.

 

Le altre tratte in cui vi sono gli aumenti:

A21 Torino-Piacenza + 0,85%;
Ativa Torino-Aosta +0,88%
Venezia-Trieste +0,86%
Brescia-Padova +1,62%
Autostrade per l’Italia + 0,64%
Consorzio autostrade Venete +0,45%
Parma-La Spezia +0,24%
Milano-Serravalle (comprese le tangenziali milanesi) +1,5%
Tangenziale di Napoli +1,76%
Raccordo della Valle d’Aosta +0,90%
Autostrada Tirrenica +0,90%
Torino-Savona +2,46%
Strada dei Parchi (A24-A25: Roma-Teramo e Roma-Pescara) +1,62%
Tangenziale est esterna di Milano +1,90%
Pedemontana Lombarda +0,90%.
Fanno eccezione invece una serie di autostrade in cui non scatta l’aumento. Parliamo in particolare della Asti-Cuneo, dell’Autobrennero, del Consorzio autostrade siciliane, delle autostrade Centro Padane (Piacenza-Brescia), dell’Autofiori (Savona-Ventimiglia), dell’autostrada Ligure Toscana, delle Autostrade Meridionali (A3 Napoli-Salerno), della Sitaf (Torino-Bardonecchia).

 

 

 

 

fonte: uominietrasporti.it

 

 

 

 

BOLLO AGEVOLATO PER AUTO SOTTO I 30 ANNI: LA CORTE STOPPA IL VENETO

I vecchi mezzi in circolazione in Veneto, quelli dai 20 a 29 anni di vita, non potranno più godere del bollo agevolato dalla regione, ma saranno soggetti alla tassazione automobilistica ordinaria.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 242 del 22 novembre, che ha dichiarato incostituzionale la legge regionale  all’ art.2 (L.R. 6/2015 «Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015») con cui il Veneto aveva introdotto un’agevolazione fiscale per i veicoli dai venti ai ventinove anni di anzianità, in presenza di determinate condizioni.

A fronte di ciò, la giunta regionale con un provvedimento adottato nell’ultima seduta ha disposto che, per i veicoli dai venti ai ventinove anni di età con ultimo giorno di pagamento del bollo ricadente nel periodo 28.04.2015 – 22.11.2016, non vengano comunque applicate né sanzioni né interessi moratori per il ritardato versamento.

Dal 28 aprile 2015 la Regione del Veneto aveva disposto nella propria normativa l’esenzione per i veicoli dai venti ai ventinove anni di anzianità muniti di apposito certificato di interesse storico collezionistico, rilasciato da Automobilclub storico italiano (Asi), Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo e Registro Italiano Veicoli Storici (Rivs)».

«Purtroppo – commenta Forcolin Vice Presidente della Regione – la nostra norma è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. È anche per questo che portiamo avanti la battaglia per l’autonomia: vorremmo poter decidere noi quali tributi applicare e quali no. Nel caso specifico, per tutti i veicoli di età inferiore ai trent’anni, a prescindere da qualsiasi certificazione, resta fermo l’obbligo della tassa automobilistica nella misura ordinaria e, in mancanza dei dovuti pagamenti, si dovrà procedere alle fasi di accertamento fiscale e riscossione coattiva del tributo». «Ma abbiamo ritenuto – aggiunge Forcolin -che chi non ha versato la tassa o lo ha fatto in maniera ridotta nel periodo in cui è stata in vigore la norma regionale non debba essere penalizzato ora con sanzioni o interessi moratori per il ritardato versamento della tassa».

 

Per poter procedere la Regione si sta attivando per chiedere all’Agenzia delle Entrate/Sogei, responsabile dell’archivio nazionale delle tasse automobilistiche, un nuovo codice di riduzione per consentire i pagamenti spontanei delle tasse risultate legittimamente non versate, senza sanzioni ed interessi moratori. Avvalendosi di questo codice i contribuenti potranno sanare la propria posizione tributaria presso i tabaccai, le Poste Italiane o le agenzie di pratiche auto abilitate. Invece solo tramite Infobollo e bollettino di pagamento postale nel caso debba essere regolarizzata la sola quota residua rispetto alla tassa di circolazione ridotta già versata.

 

 

 

 

 

 

fonte: ilgazzettino.it

 

 

 

ASSICURAZIONI: SI MUOVE L’ANTITRUST PER POSSIBILI ACCORDI DI CARTELLO

Partita l’indagine dell’Antitrust in seguito ad alcune dichiarazioni pubbliche di aziende assicuratrici. Lo scopo dell’inchiesta è di contrastare eventuali accordi che possano minare la libera concorrenza e alzare in modo uniforme i prezzi Rca.

L’Antitrust, ha fatto partire le indagini dopo aver sospettato un’accordo tra le assicurazioni in Italia che limita la concorrenza e che porta a un mantenimento maggiorato del prezzo delle assicurazioni.
Le dichiarazioni da parte delle aziende di assicurazioni potrebbero alimentare l’aspettativa di eventuali aumenti, essendo volta ad unificare i prezzi generati dai principali player, mettendo fine alla guerra dei prezzi.

 

Anche l’IVASS si è espresso in questo senso, constatando come sempre più frequentemente le compagnie assicurative negano i risarcimenti ai propri assicurati, scrivendo una lettera diretta alle compagnie per richiamarle all’ordine.

 

L’IVASS sottolinea come “l’Istituto stia rilevando un numero ricorrente di casi in cui i danneggiati di sinistri Rc Auto, che hanno presentato richiesta di risarcimento, lamentano di aver ricevuto dall’impresa una negazione dell’offerta, senza le dovute motivazioni. L’assenza di motivazioni e concreti riferimenti, rendono impossibili al danneggiato di comprendere i motivi della negazione, generando malconento e sfiducia dell’operato delle assicurazioni.

 

 

SCARICA QUI IL DOCUMENTO UFFICIALE DELL’ANTITRUST

 

 

 

 

 

1 23 24 25 26 27 28