L’AUTOVELOX VA SEGNALATO ENTRO 4 CHILOMETRI

La multa da autovelox è legittima solo se l’apparecchio è posizionato a meno di 4 chilometri dal cartello che ne segnala l’esistenza. Lo ricorda la Cassazione, con la sentenza n. 7949/2017, sottolineando che «i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, il relazione alla velocità locale predominante».

 

I giudici precisano che la distanza deve essere valutata caso per caso in base allo stato dei luoghi ma che comunque tra l’autovelox e il segnale che lo annuncia non dev’esserci una distanza superiore a 4 chilometri.

 

Non è, invece, stabilita una distanza minima. Secondo il ricorrente, che si era rivolto al Tribunale di Bolzano contro il Comune di Renon, la segnalazione posta a una distanza di 1.250 metri dal luogo del rilevamento è un «preavviso inadatto per gli utenti della strada». Questa distanza è invece stata ritenuta «congrua» dal Tribunale.

 

La Cassazione specifica anche che il cartello relativo autovelox può non essere ripetuto dopo gli incroci per gli automobilisti che proseguono lungo la stessa strada.

 

Nella sentenza i giudici chiariscono inoltre che non è necessario, ai fini della sua validità, che il verbale contenga tra le informazioni anche quella sulla presenza del cartello di segnalazione dell’autovelox.

 

 

 

 

 

fonte: sole24ore.com  articolo di Francesca Milano

 

 

L’Antitrust multa la Volkswagen per il Dieselgate

La sanzione alla casa automobilistica tedesca è di 5 milioni di euro e riguarda le irregolarità relative al “Dieselgate”, riguardo ai veicoli messi sul mercato italiano dal 2009. La Vw ha presentato ricorso.

 

La decisione — ha detto in una nota l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, riguarda autoveicoli diesel messi sul mercato italiano dal 2009 «la cui omologazione è stata ottenuta attraverso l’utilizzo di un software in grado di alterare artificiosamente il comportamento del veicolo durante i test di banco per il controllo delle emissioni inquinanti». In questo modo, dice la nota, il livello delle emissioni di ossidi di azoto risultava inferiore a quello ottenuto nelle prove su strada. «L’Autorità ha ritenuto tale condotta scorretta ai sensi del Codice del Consumo poiché gravemente contraria agli obblighi di diligenza professionale e idonea, altresì, a falsare in maniera rilevante il comportamento economico dei consumatori, inducendoli ad assumere una scelta di consumo che non avrebbero altrimenti preso qualora consapevoli delle reali caratteristiche dei veicoli acquistati». L’authority ha anche contestato i messaggi pubblicitari del gruppo in cui si rivendica «una particolare sensibilità ambientale o una specifica attenzione al livello delle emissioni inquinanti delle proprie autovetture», traendo in errore i consumatori.