Rc auto, è vessatoria la clausola che impone il carrozziere

L’impegno dell’assicurato a far riparare il proprio veicolo da un carrozziere convenzionato (con risarcimento in forma specifica) con la compagnia assicurativa, in cambio di uno sconto sulla polizza, è una clausola vessatoria. Quindi per avere effetto, deve essere dimostrato che è stata negoziata tra compagnia e cliente. Oppure questi deve averla approvata mettendo una firma in corrispondenza di dove la clausola è stampata. Così il Tribunale di Torino, in due recenti sentenze, si è pronunciato su una delle questioni che nell’ultimo decennio, dopo l’entrata in vigore del risarcimento diretto nella Rc auto, hanno reso tesi i rapporti tra alcune grandi assicurazioni e i carrozzieri.

 

Già 15 anni fa le compagnie, per tagliare i costi di liquidazione, hanno incentivato il ricorso a riparatori convenzionati. Con alterne vicende, legate a modifiche normative, interventi dell’Antitrust e sentenze anche della Corte di giustizia europea.

 

La questione non riguarda solo la Rc auto, ma anche le coperture opzionali. Come quella contro gli eventi naturali, oggetto delle due cause decise dalla Terza sezione civile del Tribunale di Torino con le sentenze di appello 1530/2017 (depositata il 22 marzo, giudice Latella) e 657/2017 (depositata il 7 febbraio, giudice Ferrero). Si può parlare di due cause-pilota, perché promosse da due officine che poi nel giudizio sono state seguite dai legali della Federcarrozzieri. E in entrambi i casi i riparatori avevano titolo a far causa perché gli automobilisti danneggiati avevano ceduto loro il credito del risarcimento, altra prassi avversata dalle compagnie per i costi.

 

Secondo i giudici torinesi, la clausola che contiene l’impegno a rivolgersi a una carrozzeria convenzionata, pena l’applicazione di uno scoperto supplementare del 10% e il rifiuto di rinnovo alla scadenza della polizza con tale formula, è una «restrizione alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi». Come tale, rientra fra le clausole vessatorie, che in base agli articoli 1341 e 1342 del Codice civile necessitano di approvazione specifica per iscritto da parte del contraente, considerato parte debole nel contratto.

 

L’assicurazione aveva argomentato il contrario citando una sentenza della Cassazione (la 1317/1998), secondo cui tale clausola «attiene al processo di formazione del contratto e costituisce un patto interno al rapporto concluso tra le parti». Ma il giudice di Torino osserva che quello era un caso diverso: si discuteva di provvigioni per un mediatore.

La compagnia ha citato anche la sentenza 16386/2002, sulle tariffe riconosciute dalle Asl ai laboratori di analisi per prestazioni oltre i limiti fissati, che però non rientrano nei casi citati dall’articolo 1341, comma 2, che è tassativo. Inoltre, in questo caso la Cassazione aveva deciso sui rapporti tra l’azienda pubblica e il laboratorio, non sulle conseguenze per l’assistito.

 

Le sentenze cui il Tribunale invece si rifà sono quelle (come la 5733/2008 e la 26225/2009) che hanno reso «pacifico» che «la sottoscrizione del generico richiamo alle condizioni di assicurazione» è «inidoneo a focalizzare l’attenzione del contraente debole sull’effettiva portata e contenuto delle singole clausole». Tanto più che nel caso di specie la «quietanza di rinnovo» della polizza non riporta la clausola per esteso. Starebbe alla compagnia provare allora che c’è stata trattativa sul punto (articolo 34 del Codice del consumo), ma tale prova non è stata data.

 

Tra le argomentazioni della compagnia veniva citato anche l’articolo 2058 del Codice civile sul risarcimento in forma specifica, ma il Tribunale osserva che la norma lo prevede come facoltativo e non obbligatorio.

 

Entrambe le sentenze sono state portate il 19 aprile da Federcarrozzieri all’Ivass, con la richiesta di sanzionare le compagnie, senza costringere i danneggiati a rivolgersi al giudice. È prevedibile che il confronto con le compagnie tornerà a inasprirsi. Per ora dall’Ania si precisa solo che il sistema della riparazione in forma specifica riguarda un chiaro accordo contrattuale basato sulla libera disponibilità delle parti: l’assicurato si impegna a far riparare il veicolo da un’officina convenzionata con l’assicurazione, la compagnia alla firma del contratto riconosce ogni anno uno sconto e, in caso di incidente, paga direttamente le riparazioni evitando al cliente l’anticipo di tasca propria. L’Ania aggiunge che, se l’assicurato decide di non rispettare la scelta contrattuale e si reca da un riparatore non convenzionato, presenterà le spese sostenute alla compagnia, che le rimborserà in misura coerente rispetto ai danni accertati; la compagnia applicherà una franchigia solo se prevista dal contratto.

DA 15 ANNI Le assicurazioni maggiori applicano tagli ai risarcimenti per chi non aderisce a questa prassi che fa scendere i costi di liquidazione

 

 

 

 

ARTICOLO DI MAURIZIO CAPRINO – SOLE24ORE.COM